Sport, musica e mobilità green
Va bene, archiviamo pure la storia di “zieta è morta”. Ma domeniche così ti fanno capire perché sia stata tirata in ballo così tante volte: migliaia di persone nel centro storico, attività sportive di ogni tipo, stand e un meteo che non si arrende alla fine dell’estate. Quest’anno la decima edizione di Street Science Running si è intrecciata con la Settimana europea della mobilità, trasformando l’area di San Bernardino nel punto di ritrovo della giornata. La corsa-passeggiata non competitiva, organizzata dall’Università dell’Aquila insieme al Gran Sasso Science Institute, ha portato centinaia di partecipanti lungo le vie della città. Aperta a tutti, la
Serata intensa al Sand Creek, dove sul palco si sono alternati diversi gruppi. La chiusura è stata affidata agli Yawp, che hanno conquistato il pubblico e la vittoria con un set interamente dedicato al rock americano. La scaletta ha proposto Nutshell (Alice in Chains), seguita da tre brani tratti dal repertorio dei Pearl Jam – I am mine, Wishlist e Immortality – per poi alzare l’energia con Black e la chiusura affidata a Rockin’ in the Free World (Neil Young), eseguita anche come omaggio a Gaza. Un tributo compatto, denso di riferimenti a sonorità che hanno fatto la storia degli
Case puntellate, bar riaperti tra mille difficoltà, vallate che si spalancano dopo salite verticali, piazze svuotate dal silenzio. Per 14 giorni e 257 chilometri il fumettista romano Valerio Barchi ha camminato lungo il ‘Cammino nelle Terre Mutate’, il tracciato che attraversa i paesi e le città devastate dal terremoto, da Fabriano fino all’Aquila, due delle città-simbolo della devastazione. Domani arriverà finalmente nel capoluogo abruzzese, al termine di un’esperienza destinata a diventare fumetto nel 2026, in coincidenza con il decennale del sisma del Centro Italia. Un taccuino di schizzi, l’app Wikiloc sempre attiva e scarpe consumate dal dislivello hanno accompagnato l’autore
D’Alfonso e l’abruzzese
«‘Sta ‘bbòne Rocche, sta ‘bbòne tutte la Ròcche». Il senatore Luciano D’Alfonso, profondo conoscitore del dialetto abruzzese in tante delle sue sfumature, entra nel dibattito aperto dalla “Notte dei Serpenti” e dal suo ideatore Enrico Melozzi. «Credo che sia proprio la lingua abruzzese a renderci la fotografia più essenziale e radicale della smisurata e ingigantita operazione commerciale del format La Notte dei Serpenti: un’idea strategica di peso, pensata da un imprenditore dello spettacolo che nella vita suona e dirige anche, che ha saputo sfruttare un’onda favorevole, la sta cavalcando e ha avuto anche l’ottima idea di mettere il vestito della domenica alla sua
‘Nduccio, il dialetto serve per resistere
In Abruzzo si arriva a discutere anche sul dialetto. O almeno su come usarlo in musica o in occasione di spettacoli. Dopo la “Notte dei Serpenti”, diretta dal maestro Enrico Melozzi e di recente trasmessa su Raidue, e le riflessioni di Nicola Pomponi, in arte Setak, sugli echi della stessa, il dibattito è uscito dai palchi. A mettere ordine – o forse a sparigliare le carte (punti di vista) – arriva Germano D’Aurelio, in arte ’Nduccio, popolare cabarettista: cinquant’anni di carriera alle spalle tra battute, canzoni e palchi portati in giro da Palermo a Bolzano, senza mai una pausa. Nel
Setak: non inventiamo alcun dialetto
Corrado Guzzanti l’aveva detto a modo suo: i costumi regionali, con tutto il folklore a corredo, rischiano di sembrare “buffi e stupidi” travestimenti più che identità. Oggi il paradosso è servito: da una parte c’è Enrico Melozzi, patron della Notte dei Serpenti, che in un’intervista al Centro suggerisce un Abruzzo da cartolina, con il saltarello a far da marchio di fabbrica; dall’altra chi – come Setak – rifiuta di addomesticare la lingua locale e preferisce cantare brani propri. Per lui la vera sfida non è fare audience, ma costruire una memoria musicale che resti, senza svenderla al primo applauso televisivo. È l’Abruzzo
Gli schermi dei cellulari illuminano la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone: c’è chi li usa a mo’ di torcia, chi riprende Patti Smith, chi scorre le notifiche delle agenzie sull’operazione di terra israeliana nel cuore urbano di Gaza. Un cortocircuito che la cantautrice americana rende ancora più evidente mettendo Masters of War in Scaletta, ricordando di aver conosciuto il brano di Bob Dylan a sedici anni e sottolineando come oggi ne percepisca tutta l’urgenza e l’attualità. Tra il pubblico spunta anche una bandiera della Palestina. Il concerto, parte del Roma Summer Fest, si apre con People Have the Power e attraversa i momenti più amati
Ticket to Ride all’alba
Un mese fa esatto, il giorno dopo Ferragosto, abbiamo registrato all’alba il rumore del mare a Montesilvano. Una spiaggia, tre voci – Antonella Finucci, Valeria Valeri oltre alla mia – e un racconto che intreccia memoria, letteratura e mito: da Eos e Cronos fino agli scrittori e viandanti dei nostri tempi. La trasmissione, nata in studio e passata per teatri e scuole, diventa ora itinerante: voci, storie e paesaggi che uniscono geografie e stagioni della vita. Dalle pagine di Oceans e Lithium 24 (All Around), alle parole di Rumiz o ai versi di Mariangela Gualtieri, fino a Scellerate di Finucci (Radici Edizioni). Il
Ofena, un incontro sulle guerre dimenticate
Ofena ha ospitato l’incontro con il professor Barone dell’Università dell’Aquila sulle “guerre dimenticate”. Un pomeriggio dedicato a una testimonianza concreta: sono stati raccontati gli esiti dell’ultima missione umanitaria e presentati i progetti legati alla prossima partenza, prevista tra dicembre 2025 e gennaio 2026. L’appuntamento ha avuto anche un risvolto solidale, con la raccolta fondi destinata ai bambini vulnerabili del Congo. Nel clima di amicizia e vicinanza che ha accompagnato l’incontro, è emersa l’idea che la pace non sia un concetto astratto, ma un gesto da praticare ogni giorno, nella consapevolezza che le belle parole somigliano ai fiori, mentre le buone