Nella lunga notte del ricordo
6 Aprile 2025 Condividi

Nella lunga notte del ricordo

Non un brindisi, non una torta con sedici candeline da spegnere, ma centinaia di fiaccole a illuminare la notte più difficile. E rose bianche distribuite lungo le strutture di metallo e ruggine di piazzale Paoli. Difficilmente Gabriella Corrado avrebbe immaginato un compleanno così. La sua voce ha scandito i 309 nomi delle vittime del sisma. Poco prima della scossa, sua madre Milena Castellano aveva avvertito le prime avvisaglie del terremoto, ma aspettava fiduciosa la nascita della figlia. Accanto a lei, il marito Enrico Corrado e il personale medico. Dopo due minuti, la scossa devastante: le pareti tremano, pezzi di intonaco crollano. Gabriella viene alla luce in quel caos, neanche cinque minuti dopo. È la prima nata del 6 aprile. La sua è una storia di speranza, una partita vinta nell’eterna sfida tra la vita e la morte. Di qui la scelta di affidarle una lettura tanto delicata, accompagnata da altri familiari delle vittime. La lettura è stata preceduta dall’accensione del braciere a cura di Carlo Cruciani, ex carabiniere all’epoca centralinista del 112.

LA FIACCOLATA. Sono stati proprio i familiari a decidere di rivedere il percorso della fiaccola, partendo dalla Casa dello Studente e non più da via XX Settembre. “Avevamo scelto di non fare la fiaccolata, ma solo un incontro al Parco della Memoria”, ha ricordato Vincenzo Vittorini, alla testa del corteo composto da centinaia di persone, in ricordo delle 309 vittime nel sedicesimo anniversario della tragedia. “Poi si è deciso di partire da questo luogo simbolo, la Casa dello Studente. Qui dove sono morti ragazzi che erano il futuro delle loro famiglie. È quello che è successo che li ha uccisi: non sono morti da soli, sono stati uccisi. Nei giorni scorsi è stata cancellata quella vergognosa sentenza che stabiliva il concorso di colpa al 30%. Ripartiamo da qui, per dire che non esistono morti di serie A e morti di serie B”. Suo figlio Federico è entrato ancora più nel merito: “Questa giornata è un momento che tutti aspettano, perché rappresenta una linea collettiva, un sentimento condiviso. Dopo tanti anni, tuttavia, c’è il rischio che l’evento si trasformi in una passerella politica, o che diventi semplicemente la prima parte del corteo della Perdonanza. Per evitare tutto questo, abbiamo ritenuto necessario riportare l’attenzione sul vero significato di questi due giorni – il 5 e il 6 aprile – che ormai si sono fusi in un’unica memoria condivisa. Se vogliamo che siano davvero momenti propedeutici, come ci siamo promessi più volte all’interno della comunità, allora dobbiamo recuperare il senso originale della fiaccolata”. L’idea è quella di un momento autentico della città, profondamente partecipato, senza l’intenzione di apparire. “Per questo motivo – ha aggiunto – come Comitato, abbiamo deciso che la fiaccolata si terrà nella sua forma tradizionale solo negli ‘anni tondi’: il quindicesimo, il ventesimo, il venticinquesimo anniversario. Negli altri anni ci saranno invece dei punti di ritrovo, da cui partire per camminare insieme un tratto. L’obiettivo è evitare che la fiaccolata diventi una replica svuotata ogni anno. Vogliamo restituirle significato, e crediamo che piccoli gesti possano trasmettere messaggi più profondi, capaci di raggiungere più persone”.

“NON SONO RESPONSABILI”. Alla fiaccolata ha preso parte anche Sergio Bianchi, presidente dell’associazione Avus (associazione vittime universitarie del sisma), che sedici anni fa perse il figlio Nicola all’Aquila. “Sono tornato in una città che vedo rinascere, come è giusto che sia, e di questo sono contento. Sedici anni sono tanti”, ha aggiunto, “ma a volte sembra ieri, perché il nostro impegno come familiari delle vittime è stato costante. Come associazione abbiamo fatto un bel percorso, cercando sempre di essere propositivi, ponendo l’accento sulla prevenzione e sul riconoscimento delle responsabilità. Poi i processi hanno riempito le nostre giornate, e le ultime sentenze sono state molto pesanti”. Una situazione delicata. “Il terremoto c’è stato il 6 aprile 2009”, ha proseguito, “ma il vero terremoto per noi è iniziato da quel momento. Cercare di metabolizzare tutto quello che è successo è stato difficile. Ma la cosa più drammatica e dolorosa sono state le sentenze, perché è stato come rivivere la tragedia ogni volta. Sentirsi dire che tuo figlio è colpevole della propria morte è qualcosa che non si può accettare”. E ancora: “L’ultima sentenza su via Campo di Fossa ha finalmente reso giustizia alle vittime, escludendo ogni responsabilità da parte dei nostri ragazzi. Spero che la Cassazione faccia tesoro di questa decisione e dia la possibilità anche ai nostri figli e a tutte le altre vittime di avere giustizia”.

SOGNI SPEZZATI. Nella notte del ricordo fa breccia anche la storia di Danilo Ciolli, 25enne di Carovilli, in provincia di Isernia: sognava di diventare fisioterapista per Medici Senza Frontiere, ma anche la sua vita è stata spezzata alle 3:32. Si trovava in una palazzina di via Generale Rossi, crollata sotto le scosse. Poche ore prima aveva rassicurato la madre al telefono, dopo una scossa serale. Quella fu l’ultima volta che si parlarono. La madre, Maria Santini, tornata all’Aquila per commemorare le vittime del sisma, ha raccontato il dolore di chi ha perso un figlio, ma anche la forza di un legame che neppure la morte può spezzare. Insieme a Danilo morirono altri giovani molisani. La famiglia rifiutò i funerali di Stato, riportandolo a casa, dove ogni estate viene ricordato con un festival musicale che porta il suo nome: Nuvole… chitarre e note. Danilo amava la musica, e la madre è felice che venga celebrato così. La famiglia si era costituita parte civile nel processo, ma ha poi rinunciato. Straziante anche il dolore della madre greca tornata a piangere suo figlio Vasileios Koyfolias, scomparso in via Campo di Fossa.

FASCIO DI LUCE. Prima delle 21, un fascio di luce si è alzato verso il cielo da Palazzo Margherita, come un ponte ideale tra la città e chi non c’è più. “È la serata del raccoglimento, del dolore che si rinnova”, ha detto il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, “ma è anche la serata in cui rinnoviamo il nostro impegno per far sì che tutto quello che abbiamo passato, tutto il dolore che abbiamo subìto, tutte le lacrime che abbiamo versato siano di stimolo per costruire una città rinnovata”. Illuminato anche l’Emiciclo. “Lo dobbiamo”, ha aggiunto, “a coloro che hanno sofferto i lutti del terremoto, a chi è andato via anche dopo il sisma, e a chi oggi ha il diritto di vivere in una città che crei opportunità per tutti”.

di Fabio Iuliano – articolo uscito anche sul Centro