Doppio appuntamento per Lithium 48 (Aurora edizioni), un thriller fanta-psicologico a firma di Fabio Iuliano. Dopo le tappe dello scorso anno, in varie librerie del centro Italia, il volume verrà presentato per la prima volta a Pescara, nella libreria LaFeltrinelli. Un incontro che ha visto la partecipazione della giornalista Ylenia Gifuni e dell’attrice Barbara Bologna. Proprio quest’ultima, sabato 9 marzo a L’Aquila, sarà la protagonista, insieme con Alberto Santucci, di “Ossessivamente “, un libero adattamento proprio da Lithium 48 e da Diario di una mente bipolare (Pluriversum) di Tiziana Iemmolo. Lo spettacolo, nato da un’idea della stessa Barbara Bologna, con la regia di Eugenio Incarnati e musica live dello stesso Fabio Iuliano, si terrà

“Quanti cinema ci sono all’Aquila?”. Qualche tempo fa, il regista Roberto Andò, ospite all’Aquila di un appuntamento del Festival dei festival, si presentò al palazzetto dei Nobili con questa domanda. Niente di che, una domanda qualsiasi tanto per fare due chiacchiere e rompere il ghiaccio, prima di sedersi a dialogare col professor Massimo Fusillo. Eppure, quando si parla di grande schermo in una città che ancora fa i conti con le ferite del sisma, qualche considerazione in più bisogna pur farla. Specie se si pensa al cinema d’autore. Già nei mesi immediatamente precedenti al sei aprile avevano visto la chiusura, il cambio

Le transenne divelte della zona rossa, i secchi pieni di macerie che passano da una mano all’altra, impalcature, puntelli, vetrine in frantumi, manichini di plastica. Slogan e striscioni: “3 e 32, io non ridevo!”. Dieci anni diventano un secondo quando ritrovi nella testa quelle immagini. Proprio per questo, la nuova fiction Rai “Grandi Speranze” si fa carico di una sfida piuttosto impegnativa, quella di intercettare la memoria collettiva di una città di 70mila persone la cui vita è cambiata in pochi istanti. Ambientata nel capoluogo abruzzese, un anno e mezzo dopo il terremoto che la devastò, la serie tv diretta

Proposito per il prosieguo del 2019: niente più canzoni di Ligabue al karaoke, meno che meno Piccola stella senza cielo. Certo, però, che la tentazione è forte: Alessia Toscano, la ragazza al microfono posto in un angolo del Mastro caffè non ti lascia neanche il tempo di entrare. Le richieste di cantare a inizio serata non sono molte, di qui può capitare che arrivi, inaspettato, l’invito a esibirti. Così, su due piedi. Un po’, la proposta stuzzica il tuo narcisismo. E poi Alessia è carina e sa di esserlo, almeno a giudicare dal numero dei selfie che posta su Facebook.

La scommessa era bella impegnativa: scegliere uno come Giacomo Leopardi come testimonial della gioia di essere al mondo, quella luce dell’esistenza che ha cercato nelle storie di “La vita che si ama” (Einaudi), l’ultimo volume che, circa due anni fa, aveva presentato all’Aquila. Stavolta, il professor Roberto Vecchioni ha messo il professore di Recanati al centro del suo lavoro discografico, “L’Infinito”, dodici canzoni che si propongono come una unica. Un “concept album” che rappresenta un continuum con il libro, declinato attraverso storie d’amore piccole o grandi. «Il tema è sempre quello, cioè che la vita va avanti in ogni cosa

La questione non è tanto “chiedi chi erano i Beatles”. La questione è più che altro “chiedi cosa vuol dire essere uno di loro, anche solo per dieci giorni”. Chiedetelo a Jimmie Nicol, il batterista inglese che sostituì Ringo Starr, malato di tonsillite, alla vigilia del tour mondiale dei Fab Four del 1964, in piena “beatlemania”. Da un giorno all’altro, la sua vita diventò inaspettatamente il suo sogno: era davvero mozzafiato l’esperienza di suonare 10 giorni con i Beatles, mangiare, parlare, dormire con loro. Da Liverpool in Australia passando dai Paesi Bassi, la Cina e ovviamente, da Londra, in un turbine di

Torna all’Aquila Roberto Vecchioni, sabato (ore 18.30), quasi due anni dopo avervi presentato il suo libro, “La vita che si ama” (Einaudi). Il cantautore, ospite dell’Auditorium Sericchi (Strinella 88), parlerà del suo nuovo disco, “L’infinito”, un concept album condensato di musica e parole arricchito da spunti che affondano le radici nella cultura intesa come consapevolezza della bellezza della vita, proveniente da un tempo lontano che torna e ritorna. «Sono un uomo del Novecento», ha raccontato il professore di recente in un’occasione analoga. Uno dei grandi meriti di Vecchioni è di non far finta di essere qualche cosa che non è, e di

Sulla parete sopra il bancone, una lampada nera Industry in metallo puntata su una piccola cornice con dentro una foto di Bud Spencer e Terence Hill in Continuavano a chiamarlo Trinità. Una scelta apparentemente fuori dalle corde da un locale curato nei particolari, a partire dalla grande macchina da caffè – sicuramente uno dei punti di forza – e dal logo che è più che altro un omaggio alla passione ciclistica del titolare. Eppure, tutto torna quando uno degli ospiti della serata-degustazione vini-formaggi si impossessa della scena per qualche minuto. Parliamo di Gregorio Rotolo, un’icona della produzione casearia abruzzese, direttamente

“Quanti cinema ci sono all’Aquila?”, neanche il tempo di entrare al Palazzetto dei Nobili, come ospite del ciclo di incontri “Dialoghi sul cinema” del Festival dei festival, che Roberto Andò spiazza i suoi interlocutori con una domanda che, involontariamente, costringe a una presa di coscienza. Scrittore, regista di cinema e teatro, documentarista, Andò ha incontrato il pubblico dell’Aquila Film Festival in un confronto sui suoi lavori, così come sulle prospettive di sviluppo socio-culturale di una città che, tra tante difficoltà, ospita una sede del Centro sperimentale di cinematografia, ma in cui il rapporto con il cinema d’autore è ancora fin