Lunedì scorso, Lithium 48 ha compiuto due anni esatti dalla pubblicazione, registrata il 25 novembre 2017, il giorno del compleanno della piccola Aurora, la bambina che dà il nome alla casa editrice Aurora edizioni. Da tempo volevo regalare una copia a Simone Cristicchi per una serie di motivi legati, soprattutto, alle tematiche trattate dal mio libro. Sono contento di averlo fatto proprio quel giorno in occasione di una prova del suo spettacolo “Happy Next – la ricerca della felicità”. Di seguito l’intervista pubblicata sul Centro con cui abbiamo presentato questa nuova produzione del Tsa. Un libro, un bicchiere di latte

Prenderà il via, questa sera alle 21, nell’auditorium del conservatorio Casella, la tredicesima edizione dell’Aquila Film Festival. In occasione del ventennale del film “La guerra degli Antò”, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice marchigiana, Silvia Ballestra, e girato a Montesilvano, saranno presenti il regista della pellicola, Riccardo Milani, e i protagonisti del film per una reunion: Flavio Pistilli (Antò Lu Purk), Federico Di Flauro (Antò Lu Malatu) e Paolo Setta (Antò Lu Zorru), oggi noto operatore turistico e fondatore della cooperativa “Il Bosso”. Nel corso della serata sarà dedicato un sentito omaggio a Danilo Mastracci (Antò Lu Zombi), il giovane attore aquilano

Uno spettacolo d’inchiesta che restituisce una visione lucida della storia di Marco Pantani. Un testo che si propone come un vero e proprio atto di denuncia nei confronti del doping e del “sistema” che da anni lo incentiva e lo protegge. Un sistema fatto da medici sportivi, allenatori, istituzioni sportive e multinazionali farmaceutiche. Questa è la proposta di Spazio Rimediato che, stasera alle 21 all’Aquila, prosegue la stagione di “Tutto il superfluo necessario” con “Avrei voluto essere Pantani”. Scritto e interpretato da Davide Tassi, con la regia di Francesca Rizzi, lo spettacolo racconta la storia del Pirata come un eroe

La playlist del Punto Basilio, il bar di fronte al Dipartimento di Scienze umane, riporta i sensi indietro di dieci o quindici anni, quando ponteggi, puntellamenti e aggregati erano termini inutilizzati nel tuo vocabolario e il cielo era azzurro sopra Berlino. Gli altoparlanti del locale propongono Billy More e i suoi Up & Down e tu ricordi – o immagini di ricordare – Samantha De Grenet che sbuca dal tubo catodico per lanciare uno dei suoi programmi musicali dei primi Duemila. Per un attimo, solo per un attimo, l’edificio che hai davanti, sede del polo umanistico, si dissolve nell’immagine di

«Se non facciamo qualcosa, rischiamo tutti di essere parte attiva di un laboratorio di abbrutimento delle persone». Gli stivali tra le foglie ai bordi della strada, la valigetta di pelle in un braccio e in mano una copia di un quotidiano, Giuseppe Gualtieri ha l’aria di chi potrebbe scrivere un libro su tutto quello che passa sotto e sopra le piastre delle undici palazzine che compongono il Progetto Case di Sant’Antonio, l’unico realizzato in città e per questo sempre molto ambìto. Giuseppe si prepara a vivere il nono Natale in questa newtown. Il suo è uno dei 260 appartamenti capaci di ospitare,

«Si vede così tanto che mi dispiace, ve’?». Scherza, ma neanche più di tanto, Andrea “Sisò” Di Giandomenico negli spogliatoi, fa fatica a nascondere la delusione: per chi sa di essere, forse, l’allenatore più vincente nella storia della Federugby, la mancata possibilità di far rispettare la legge del “giardino di casa” un po’ brucia. Del resto, l’Italdonne si era presentata al Fattori da superfavorita, forte di un secondo posto all’ultima edizione del Sei Nazioni di categoria e di una differenza di ben dieci posizioni nella classifica internazionale. Tutt’altro che intimorito, però, il XV asiatico ha fatto capire sin dai primi minuti di non

l suo pubblico e i suoi studenti sono abituati a questo e altro. Eppure, fa un certo effetto vedere Roberto Vecchioni, a 76 anni suonati, salire a torso nudo su un tavolino dell’aula magna del Dipartimento di Scienze umane dell’ateneo aquilano. Cantautore, scrittore, poeta e professore di latino e greco, da oltre trent’anni, nelle scuole superiori e poi nelle università, è stato protagonista dell’incontro conclusivo della a terza edizione di “Gong-Oh!”, la rassegna concepita sulla scia della celebre canzone di Paolo Conte. Una proposta artistica a cura dall’associazione “L’Idea di Cleves”, con la collaborazione del Club Tenco e con il

Dentro l’onda

Odisseo: Non sono immortale. Calipso: Lo sarai, se mi ascolti. Che cos’è vita eterna se non questo accettare l’istante che viene e l’istante che va? L’ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. Cos’è stato finora il tuo errare inquieto? Odisseo: Se lo sapessi avrei già smesso. Ma tu dimentichi qualcosa. Calipso: Dimmi Ulisse: Quello che cerco l’ho nel cuore, come te. (Cesare Pavese – Dialoghi con Leucò)

Fa uno strano effetto ascoltare oggi, dopo una ventina di anni, Miss Sarajevo, la canzone in omaggio a una città – per dirla con Paolo Rumiz – “dalla testarda urbanità che sopravvive agli inverni, ai cannoni, alle restrizioni alimentari, all’assenza di luce, acqua e gas”. Parole che rendono giustizia a una comunità capace di centellinare ogni residuo comfort, di non rinunciare ai riti di un’antica vita borghese, ai suoi concerti, ai suoi spettacoli. La canzone propone un riferimento indiretto al Qoelet, il libro che scandisce un tempo per ogni cosa: Un tempo per nascere e un tempo per morire, Un