Domenica 19 luglio 2009, sono da poco passate le undici di sera. Gli ultimi colpi di Born to run scavalcano le tribune dello Stadio Olimpico, quando Bruce Springsteen annuncia un pezzo che non suonava da tempo: «Questa è una canzone per la gente de L’Aquila», dice al microfono in un italiano incerto, ma con voce decisa. Poi fa cenno ai suoi di attaccare My city of ruins. Le armonizzazioni della strofa raccontano lo stato di abbandono e di degrado di Asbury Park, una cittadina del New Jersey che per decenni ha fatto i conti con le ripercussioni della Grande Depressione.

“Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo”, scriveva Virginia Woolf. Un libro dietro ogni fiaccola, a raccontare un tempo che mai si è fermato in questi dieci anni. Un orologio che per tutti scandisce minuti, ore giorni da quelle 3.32 in avanti. È la sua percezione a cambiare, specie quando striscioni come quello in omaggio alle giovani vite spezzate, tra gli studenti, tornano a sfilare per via XX Settembre. “È triste leggere negli occhi di mamma e papà la

C’è un tempo nella vita di una persona che non coinciderà mai col passato.  Ne porterà sempre un pezzo nella vita di tutti i giorni e si racconterà sempre al presente, usando una forma impersonale per rispetto ad un dolore che non può non essere condiviso. L’ossessione per i vetri e gli specchi può avere tempi precisi. Conta addirittura i secondi. Sessanta secondi. Sono tanti se si cominciano a contare ad uno ad uno dandogli il tempo dell’irreversibile. Un conto che non puoi fare alla rovescia. Per questo indeterminato, angoscioso. Uno, due, tre spira il vetro della televisione. Quattro, cinque,

Fa un uno strano effetto ascoltare oggi, dopo una ventina di anni, Miss Sarajevo, la canzone in omaggio a una città “dalla testarda urbanità che sopravvive agli inverni, ai cannoni, alle restrizioni alimentari, all’assenza di luce, acqua e gas”. Come per dirla con le parole di Paolo Rumiz che rendono giustizia a una comunità capace di centellinare ogni residuo comfort, di non rinunciare ai riti di un’antica vita borghese, ai suoi concerti, ai suoi spettacoli. IL TEMPO. La canzone propone un riferimento indiretto al Qoelet, il libro che descrive un tempo per ogni cosa, per nascere, per morire, per piantare,

Spuntano fra le macerie del centro con torce e biciclette come i Goonies di Richard Donner. Dribblano puntelli e transenne per esplorare questo o quell’edificio: ora una casa disabitata, ora un vecchio cortile, ora il palazzo della Prefettura, oppure il Forte Spagnolo, il cui accesso è rimasto precluso ai più dal 2009, salvo qualche eccezione. A un anno e mezzo da quella notte maledetta, un gruppo di ragazzini riesce ad aggirare divieti e zone rosse del centro storico del capoluogo, per creare qui un quartier generale, un “regno segreto”. Le loro storie, intrecciate a quelle dei loro genitori, fanno breccia

Tra i protagonisti della fiction “L’Aquila – Grandi Speranze” di Marco Risi, c’è Giorgio Marchesi. L’attore bergamasco interpreta Franco Basile uno psichiatra che lavora in una struttura sanitaria del capoluogo. Lui e sua moglie – il personaggio di Donatella Finocchiaro – devono affrontare un dramma nel dramma: dopo il sisma la loro figlia è sparita misteriosamente. Una storia che è specchio di una comunità che vive i problemi post-sisma. «Attraverso il mio personaggio», spiega Marchesi, «affrontiamo alcune patologie che sono emerse in questi ultimi anni tra le persone all’Aquila che, dopo il terremoto, hanno mostrato dei problemi psichiatrici e psicologici

Davanti alla macchina da presa di Marco Risi, Giorgio Tirabassi diventa Gianni Fiumani, marito di Elena (Valentina Lodovini), una delle prime coppie a rientrare, insieme ai propri figli, nella vecchia abitazione in centro storico lasciata la notte del 6 aprile.  Lui si mette alla guida dei movimenti spontanei sorti per chiedere la possibilità di aver voce in capitolo sulle scelte strategiche della ricostruzione. L’evoluzione della fiction lo vedrà poi in contrasto con Riccardo De Angelis (Luca Barbareschi), un imprenditore arrivato nel capoluogo con un progetto di speculazione edilizia volto alla realizzazione ex novo di un insediamento abitativo totalmente alternativo a

Rai2 dedica la prima serata agli studenti i cui sogni e speranze hanno fatto i conti con quella terribile notte di 10 anni fa. “L’Aquila, 03:32 – La generazione dimenticata” il titolo del documentario con Lino Guanciale, in onda alle 21.20 mentre la città si starà preparando per la fiaccolata in ricordo delle 309 vittime. La produzione, firmata Stand By Me e Rai Cinema, ripercorre gli avvenimenti di quella notte del 2009 focalizzando l’attenzione su 6 edifici, 6 simboli di quel dramma: gli appartamenti abitati dagli universitari. Sono 55 gli studenti morti quella notte. Attraverso le testimonianze dei protagonisti, a

Apre gli occhi di buon mattino, ma senza farsi troppo male con la sveglia. Qualche stramba curiosità da leggere online prima di fare colazione. L’agenzia si trova a Brookfield Place. Per raggiungerla c’è da fare un pezzo in metro. Però, una volta al desk, la prospettiva cambia: “Guardare giù o fuori dalle enormi finestre trasporta la mia immaginazione su una grossa nave. Che guada verso la Statua della Libertà. E sicuramente la visuale aiuta a iniziare il lavoro con una nota positiva”. “Nonostante il mal di mare”. Alessandra Divizia  descrive così a sua giornata tipo come art director per la