No, non è la stessa cosa guardare dalle finestre di questa città agli svilupppi delle controverse dinamiche legate al coronavirus: il senso di smarrimento non è affatto inedito per una comunità di persone chiamate già 11 anni fa a ripensare le sue giornate. Però il sisma aveva spinto una parte di città a reagire, cercando o reinventando dei momenti e luoghi di incontro per “tenere botta” tutti insieme. Quegli stessi riferimenti che ora vengono a mancare a causa delle importanti misure di sicurezza introdotte dai nuovi Dpcm. Un’emergenza che arriva in mesi dove tutto sommato la città stava tornando a

HYGGE

Hygge. Camminando per Copenaghen mi sono imbattuto in questa parola che non ha molte traduzioni. Significa creare dentro casa un’atmosfera accogliente. E fuori è freddo, buio, magari le strade sono ghiacciate. Ma a te di questo nulla ti importa perché tu stai dentro a fare quello che ami: scrivere, leggere, suonare, giocare a calcio nel corridoio coi bambini. In questo presente fragile, che è un’altra terra straniera, possiamo anche noi ritrovare il piacere di vivere così, sapendo che c’è un tempo per ogni cosa e che questi giorni sono pagine bianche che non dobbiamo necessariamente riempire di paura

“Flirtare pericolosamente con le architetture segrete del mondo”. Questo, secondo lo scrittore cyberpunk William Gibson, l’unico modo per aprire una finestra sul futuro e provare a comprendere i cambiamenti che la società globale sta vivendo. Ma qual è la mappa di questo “nuovo mondo”? Quali gli scenari? L’aquilano Salvatore Santangelo, giornalista e docente universitario ha scritto un volume, “Babel” (Castelvecchi editore), per cercare di comprendere l’attuale evoluzione della globalizzazione. Evoluzione a cui si sovrappone l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus. Santangelo, nella scelta del titolo “Babel” sembra che lei abbia avuto bene a mente il film del 2006 di Alejandro González

“Musica e il resto scompare. Musica e il resto scompare”. Montati per richiamare l’attenzione, gli altoparlanti esterni del chioschetto mobile di latticini e altri generi alimentari, riproducono la canzone che Elettra Lamborghini ha portato a Sanremo. Bastano due o tre rime a rimpiangere il vecchio e caro “Donne, è arrivato l’arrotino”. Ma l’annuncio funziona, evidentemente, e il negozietto ambulante, fermo ogni martedì tra via Mauro De Mauro e via Carlo Casalegno si riempie di gente. E questa è già una notizia, se si considera il progressivo svuotamento delle aree del Progetto Case. Però Paganica 2 tiene botta, se non altro

L’Aquila, il capoluogo D’Abruzzo, terra tremante e tosta, reagisce di nuovo ad un evento che limita la vita della città e lo fa con dei bigliettini d’amore. Da quel 6 aprile del 2009 la città in questi, quasi, 11 anni ha faticato a rialzarsi, a prendere fiducia nella città e ad avere di nuovo la voglia di viversi il capoluogo. Il Coronavirus ha di nuovo gettato la popolazione in un limbo, molti riferiscono che si sentono come nei periodi seguenti al terremoto. Terrore, incomprensione degli eventi, smarrimento. Si era tornati a vivere ora, l’economia a fatica stava ripartendo; a livello

Nuovo appuntamento con il rock in acustico. Francesca Soledad Catenacci torna in formazione acustica insieme a Fabio Iuliano e Stefano Millimaggi. Un repertorio – tra voce, chitarra, ukulele e percussioni – che spazia dall’alternative rock Usa e Gb, sino alle evoluzioni blues e soul declinate da talenti come Amy Winehouse. Un percorso di “redemption songs”, dal nome The Colleagues che non prescinde da ballate di Woodstock come Somebody to love e accarezza varie icone rock come Patty Smith, Johnny Cash, Bob Dylan. Il riferimento ritmico è quello del grunge anni Novanta, con Pearl Jam, Nirvana, Soundgarden. In scaletta anche qualche

“Tutto andrà bene. Così, senza nessuna ragione a sostenerlo, se non la ragione stessa. Mentre le strade si svuotano, l’angoscia ci riempie e i profeti di sventura scalzano gli arruffapopolo dai talk-show, mani anonime hanno cominciato a scrivere «Tutto andrà bene» sopra dei post-it che appiccicano sui muri, sugli alberi, sulle serrande dei negozi. La gente passa, li vede, scuote la testa e poi continua per la sua strada, un po’ più leggera. Il web moltiplica l’effetto e rimbalza il messaggio dentro i telefonini. «Tutto andrà bene» era la frase che Gregory Peck sussurrava a Ingrid Bergman in certi filmoni

“Sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi compresi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico che privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. Questo recita la versione finale del Dpcm firmato ieri dal premier Giuseppe Conte sul coronavirus. Lo stesso decreto, indica al 3 aprile il termine delle disposizioni. In maniera teorica, potrebbero lavorare quelle strutture in grado di garantire le distanze di sicurezza. Tuttavia, quale sala cinematografica o teatrale può garantire la distanza un metro tra

La corsa ai tempi del Coronavirus ha le sue regole. Uno: ostentare il sorriso a trentaduedenti perché non sta bene farsi vedere sofferenti, anche sulle salite di un percorso di gara più adatto al motocross che a una prova podistica. Due: rispettare la distanza di sicurezza con gli avversari definita dalle ultime circolari dell’Oms. Guai ad avvicinarsi troppo, neanche per effettuare un sorpasso. Tre: respirare a bocca chiusa (cosa mai riuscita in 41 anni, peraltro). Quattro: guai a tossire a fine corsa, pure se stai morendo di fatica e pure se i colpi di tosse non hanno nulla a che