Se è vero che il cuore dei piccoli Federico ed Elena batte per L’Aquila, allora va preso il solenne impegno di riconsegnargliela, e pure in fretta, visto che sono passati 12 anni, più bella e più forte (cioè sicura) di prima. E

di Fabio Iuliano – Ore 3.35: non trovo i pantaloni. Al buio, non trovo i pantaloni. I jeans che avevo addosso la sera prima devono essere ai piedi del letto. Sono sicuro di averli lasciati lì, ma non li trovo.

Gabriel si appoggia sulla transenna che dà su uno dei cortili della new town di Bazzano. Lì c’è l’appartamento a ridosso di via Mia Martini le cui chiavi furono consegnate alla sua famiglia, la famiglia Fegheta, quel famoso 29 settembre

Le t-shirt grigie dalle scritte scolorite nel tempo. Gli striscioni con i nomi degli studenti scomparsi la notte del sisma. Fiori intrecciati sulle transenne che una volta segnavano il perimetro esterno della Casa dello Studente. Colpisce il “ground zero”, ma

Finestre e balconi che si illuminano – con la luce del cellulare o di una candela – alla mezzanotte tra il 5 e il 6 aprile, in occasione dell’undicesimo anniversario del terremoto dell’Aquila che ha causato 309 morti e circa

Simona Molinari ha vissuto da vicino la tragedia del terremoto del 2009 e il successivo processo di ricostruzione. Lento e faticoso ma dai risultati tangibili, tanto da permettere a un’intera comunità di guardare al presente con rinnovata speranza. Un sentimento

Nello scrivere il suo monologo non poteva certo immaginare che la metafora utilizzata per raccontare i fatti del 6 aprile 2009 fosse di stretta, strettissima attualità. Marco Valeri, attore e regista aquilano, si è limitato a ideare, concepire il suo

Mattina, interno giorno, 18 gennaio 2017: i sismografi registrano varie scosse superiori al 5 di magnitudo. La tentazione è quella di aprire la porta e scappare. Ma fuori c’è la neve a scoraggiare qualsiasi iniziativa. Di lì a qualche ora

«Siamo stati anni in zona rossa, due o tre settimane ci rimbalzano». Ben lungi dal voler ostentare sicurezza, anzi, piuttosto preoccupato per l’emergenza di questi giorni e le possibili ripercussioni sulla sua attività, Marcello Bernardi affida queste parole all’inizio della

Neanche un’impronta d’uomo, ad accompagnare una dimensione inedita, quasi sospesa, di questo pezzo di città che infiltrazioni e balconi pericolanti hanno reso terra di nessuno. Un’altra immagine desolante, per certi versi simile a quella che si vede in quartieri come