Simona Molinari e il suo modo di r(E)sistere
20 Marzo 2020 Condividi

Simona Molinari e il suo modo di r(E)sistere

Simona Molinari ha vissuto da vicino la tragedia del terremoto del 2009 e il successivo processo di ricostruzione. Lento e faticoso ma dai risultati tangibili, tanto da permettere a un’intera comunità di guardare al presente con rinnovata speranza. Un sentimento concreto in grado, magari, di produrre quei giusti “anticorpi” per affrontare mentalmente una situazione delicata come quella attuale.

Aquilana, ma con sangue partenopeo, trascorre questi giorni a Milano a casa leggendo libri, ascoltando musica e prendendosi cura di sua figlia Anita, nata nel 2015. Giorni comunque difficili in cui il padre della cantante, Domenico Molinari, è stato ricoverato per 72 ore in via precauzionale e ha effettuato l’esame del tampone, per fortuna risultato negativo. Un respiro di sollievo per tutta la famiglia.

Fresca di partecipazione al Festival di Sanremo, anche se solo come ospite della terza serata, dove si è esibita interpretando “E se domani” di Mina insieme a Raphael Gualazzi, la cantante ha messo in pausa la programmazione di questo 2020, in attesa di capire gli sviluppi di questa situazione. Questi giorni le daranno modo di sfogliare i vari album di foto per rivivere il suo fortunato percorso artistico in cui ha collaborato e duettato con musicisti di fama mondiale come Al Jarreau, Gilberto Gil, Peter Cincotti, Andrea Bocelli, Ornella Vanoni, Lelio Luttazzi, Renzo Arbore, Massimo Ranieri, Fabrizio Bosso, Franco Cerri, Stefano Di Battista, Dado Moroni, Roberto Gatto, Roy Paci e Danny Diaz. L’artista è stata inoltre coinvolta nella colonna sonora del Film “Tiramisù” di Fabio De Luigi ed è stata impegnata in centinaia di concerti in Italia e nel mondo: dal Blue Note di New York al Teatro Estrada di Mosca, dall’Arena di Umbria Jazz al Premio Tenco solo per citarne alcuni.

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A 37 anni, sposata da poco con Giovanni Luca Zammarchi, è consapevole di vivere un tempo sospeso che rende molte cose relative: non possiamo raggiungere un amico, neanche a due minuti di macchina eppure la tecnologia ci porta in casa volti, voci e suoni da ogni dove. Un tempo da riempire anche con delle buone playlist.
Le abbiamo chiesto qualche consiglio.

Simona Molinari, a cosa stava lavorando in queste settimane prima che arrivasse dalle autorità nazionali l’invito a restare a casa?
Stavo preparando i prossimi concerti di primavera, in particolare 4 concerti in programma a maggio a Milano – due dei quali già sold out. Al momento, tutte le date restano confermate, anche se bisogna capire le dinamiche di questa situazione. Mi auguro di poter rispettare questi impegni, ma solo perché salire sul palco vorrebbe dire di avere già l’emergenza alle spalle. Non è un auspicio fine a se stesso, dettato solo dal gusto di cantare. Al momento è azzardato fare qualsiasi previsione.

Al netto degli impegni di famiglia, specie per chi ha figli piccoli, questi giorni ci lasciano del tempo da dedicare alle passioni di sempre. Immagino che tra le sue ci sia quella di ascoltare musica. cosa c’è nelle sue playlist attuali?
Innanzitutto passo molto tempo su Radio Garden, l’app con la mappa on line dedicata alle radio di tutto il mondo. Scorrendo su e giù a destra e sinistra, si ha una scelta tra tantissime città sparse per il globo, con altrettante stazioni radiofoniche. A me piace curiosare tra le stazioni di Philadelphia ad esempio. In questo momento mi piace ascoltare cantanti jazz come Zaz e Melody Gardot o lasciarmi catturare dalle melodie elettro-acustiche dei Caravan Palace. Tutto questo, senza dimenticare le canzoni di Hindi Zahra, icona marocchina della World music. Mi diverto anche ad ascoltare (ma vale anche la pena di guardare i video) dei Postmodern Jukebox con le loro cover improbabili di pezzi famosi. Pescando più nel mainstream, vado su Imagine Dragons e Queen.

Tra gli italiani, quali sono i suoi preferiti?
Margherita Vicario, Brunori Sas, Mannarino, i Maneskin, Francesca Michielin, lo stesso Raphael Gualazzi e Levante.

Ha citato alcuni protagonisti dell’ultima kermesse di Sanremo. che giudizio ha complessivamente di questa edizione?
Mi ha convinto. C’erano più concorsi in gara, quello dei comunicatori (alcuni artisti in gara erano sicuramente più comunicatori che interpreti). Poi c’erano i cantautori con la loro varietà di proposte. C’è da dire che la direzione artistica ha saputo mettere insieme una serie di canzoni che aveva motivo di stare sul palco e che rappresentava bene quello che è la canzone italiana nel 2020.

Se la sente di condividere con i lettori del “Centro” un messaggio di incoraggiamento?
Io credo che un abruzzese, sopratutto un aquilano abbia avuto da una parte il “dono” (so che fa strano chiamarlo così) di vedere una città distruggersi e rinascere con tempo, impegno, e con il grande sacrificio di tutti. Questa, malgrado il dolore, è una grande possibilità che ti viene data dalla vita, il dono di sapere guardare oltre anche quando tutto sembra perduto. Queste premesse mi portano a pensare con fiducia che tutto, dopo questo periodo, rinascerà più bello, così come sta rinascendo più bella la nostra città.

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro