In questo momento ci sono in strada donne e bambini che supplicano di essere portati subito “a casa” perché si gela. I centri a loro dedicati non apriranno prima delle 20 e 40 e siamo qui a stringerci nei cappotti e nelle coscienze in attesa che i volontari li possano portare a destinazione. Arrivano a decine al presidio di Piazzale Spadolini, nonostante i porti chiusi a scopo propaganda, in questi giorni freddi, freddissimi fuori e dentro. Dopo lo sgombero del 13 novembre, abbiamo avuto oltre 150 nuovi arrivi, compresi donne e bambini anche molto piccoli provenienti dagli sbarchi in Sicilia

“1861 – Storie di briganti”, uno spettacolo con Alessandra Tarquini, Michele Di Conzo e Marco Valeri, per la regia di Eugenio Incarnati (produzione Tsa). Si tratta di un lavoro che rappresenta un’elaborazione di “1861 – Una storia italiana” prodotto, per la stessa regia, dall’associazione Laboratorio dietro le quinte. «Signore e signori: dopo quasi 160 anni, possiamo guardare alla nostra storia per capirla, non per impararla a memoria. E io capisco meglio se mi faccio pure una risata, e se ci sono musiche, canzoni, e pantomime divertenti», si legge nelle note introduttive dello spettacolo, che vede la drammaturgia e le musiche

Lo scorcio notturno di una strada metropolitana fa da sfondo a un grande bar illuminato da fredde lampade al neon. All’interno, tre clienti e un barista. L’espressione della coppia seduta di fronte al barman è assorta, persa in chissà quali pensieri. I due si sfiorano, ma non comunicano nemmeno con lo sguardo. Nessuno dei quattro parla, né appare interessato ad attaccare bottone. La scena è quella dei “Nighthawks”- i “Nottambuli” di Edward Hopper, dipinta con uno stile che accarezza tante solitudini della società contemporanea. La parete del bancone del Four Roses è decorata da una riproduzione di questo quadro, tanto

«Lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti». Le ultime righe del capolavoro di Gabriel García Márquez, “L’amore al tempo del colera”, danno il senso della forza di quei sogni che continuano oltre le difficoltà della vita e, talvolta, oltre la vita stessa. Così come i sogni di Noemi Tiberio, giovane regista teatrale morta la notte del 6 aprile all’Aquila, proseguono attraverso le azioni e il ricordo di tanti amici, che hanno condiviso le sue passioni e il suo percorso di studi all’Università aquilana. È proprio in omaggio a quel ricordo che l’associazione

Il pallone in cuoio impresso nel murale trompe l’oeil di piazza Del Mercato scivola sino a piazza Trieste rimbalzando da un vicolo a un altro attraverso le scalinate in pietra, fino a raggiungere i piedi del suo autore, Callisto Di Nardo. Sessant’anni, da una vita con tele e tempere, si è fatto apprezzare per i suoi ritratti e i suoi paesaggi rurali, ispirati ai borghi dell’altopiano di Navelli e del Gran Sasso. Stasera però niente pennelli. Alla fine delle dita solo una chitarra come De André in Amico fragile. Un giro di blues in Si per cominciare, in un mini-set

Oggi sarebbe stato il suo compleanno. Eppure, quasi 10 anni fa, la sua voce e il suo talento dovettero fare i conti con la forza devastante di un sisma che ha strappato i sogni di tanti giovani. Quel sogno che oggi riparte in una sala intitolata a suo nome in piazzetta del Sole. Il sogno di Alessandra Cora, artista simbolo della Factory sound, un centro culturale dalle tante prospettive ma con la chiara vocazione per la musica. È stato inaugurato oggi quello spazio condiviso e movimentato con l’obiettivo di valorizzare molte istanze artistiche della città. Uno spazio che si propone

Lisbona è un luogo magico, fiabesco, capace di avvolgere con luci, colori, suoni e profumi inebrianti; città ideale per chi vuole immergersi nelle arti e cambiare prospettiva. L’attitudine al colore e all’arte urbana della capitale portoghese prese forse vita nel lontano 1755: un terremoto danneggiò parte degli edifici e i cittadini rimediarono al danno tappezzando le pareti con le celebri piastrelle colorate, dando vita a una tradizione, quella degli azulejos, che continua ancora oggi. Quello che certo è che l’arte di strada è parte integrante e tradizione di questa incredibile città, oggi tra le capitali europee dell’arte urbana contemporanea. Di

Il Divan Japonais è un locale che ha solide radici nella Parigi bohemien della fine dell’800. Era infatti un locale sorto a Parigi al 75 di rue des Martyrs. Fu aperto grazie ad una idea del droghiere e poeta Jehan Sarrazin nel 1883. Dieci anni dopo fu trasformato in caffè concerto da Édouard Fournier. Il nome è dovuto al fatto che al suo interno era decorato con uno stile che traeva ispirazione dal Giappone. Pannelli di seta dipinta, mobili laccati, bambù… Il suo nome derivava probabilmente da un verso di Mallarmé. Fu uno dei locali più frequentati dai “bohémiens” al

“Mark Knopfler ha la straordinaria capacità di far emettere alla sua Schecter Custom Stratocaster dei suoni che paiono prodotti dagli angeli il sabato sera, quando sono esausti per il fatto di essere stati buoni tutta la settimana e sentono il bisogno di una birra forte”. Una volta, lo scrittore britannico Douglas Adams si trovò a parlare in questi termini del frontman Dire Straits. E l’altra sera, al Monthy’s Irish pub, di angeli stanchi davanti al bancone se ne sono visti diversi. Tutti gli sgabelli occupati, tranne uno. Quello riservato a un Babbo Natale ancora più stanco. Avete presente quelle statuette