Viaggiando da Casablanca verso Marrakech, parte finale del percorso sulla rotta dei braccianti che dal Fucino fanno ritorno a casa, superiamo El Borouj e Cala e i monti dell’Atlante appaiono sullo sfondo

Oasi, spiagge e montagne dell’Atlante, dove di inverno si può sciare. Bastano pochi giorni fra suq e mercati, vicoli, palazzi e moschee per un viaggio, sulla sponda opposta del Mediterraneo, in un mondo che non è cambiato poi molto, nell’architettura e nello stile di vita, da com’era ai tempi in cui molte città furono edificate

Tra i vicoli della Medina, in un angolo anonimo che lambisce la grande moschea, spunta una sagoma ben nota: Piero Pelù sta girando bazar e chioschetti provando abiti e accessori per la moto. Non è molto in vena di chiacchiere e si fa strada a colpi di selfie, ma guai a rubare uno scatto di troppo.

Il mio arabo non va oltre un paio di frasette e non posso andare avanti a suon di “Shukran”, “Habib” e “Shewaia shewaia”. Tante cose che si dicono sul bus non le capisco neanche e a volte pure andare in bagno è complicato. L’unica cosa da fare è farmi adottare temporaneamente dalla signora Nayma Kariati, l’unica donna a bordo, ex dipendente delle Ferrovie dello stato, si fermerà a Casablanca. «Mio figlio Andrea ha lavorato come volontario nel terremoto dell’Aquila», racconta. Il suo intervento mi toglie dall’imbarazzo di accettare di passare la dogana di Tanger, subito dopo il traghetto dall’Andalusia, con

Due giorni e mezzo di viaggio verso Marrakech, 60 ore di cui 46 in un mezzo vecchio e freddo dove la notte puoi solo sperare che ti venga sonno, visto che le luci vengono spente per tutti. Le fermate programmate sono tutte in Italia, tra Firenze, Viareggio, La Spezia e Genova. Una volta passato il confine ci si ferma solo per rispettare le prescrizioni di legge: ogni 4 ore. Oppure perché è l’ora della preghiera del mattino: alle 5 in punto. Il pullman non è pienissimo. Molti lo usano solo per trasportare cartoni e valigie e si presentano alla fermata

«Un attar! Questo autobus è un attar. Avete presente uno di quei carretti con asinello che vanno da un paese all’altro per portar pane e pannocchie? Ecco quello è un attar, siamo in viaggio da ore e non abbiamo passato neanche la frontiera». La signora Nayma Kariati, ex dipendente delle Ferrovie, vive in Italia da anni. Ha alle spalle decine di viaggi avanti e dietro, in nave in aereo e qualche volta in aubus. Sì perché spesso viaggiare in pullman costa il doppio o il triplo e le traversate assomigliano ai viaggi della speranza, specie in carrette come quelle messe

Ci sono immigrati in arrivo e altri che lasciano l'Italia, anche se pronti a tornare tra un paio di mesi. Sono i braccianti marocchini che hanno lavorato nei campi del Fucino durante la stagione di raccolta. Ho viaggiato con loro fino a Marrakech

Due euro e cinquanta l’ora, per una giornata di lavoro di 12-14 ore. Pochi contributi e, per i più “fortunati”, la prospettiva di incassare un terzo dello stipendio dichiarato, pur di ambire alla disoccupazione. Col sole d’estate che costringe ad andare nei campi a notte fonda, o col freddo-umido di questo periodo. Le condizioni del braccianti del Fucino

Dopo la sorprendente rassegna dello scorso anno, incentrata sul tema controverso dell’immagine, l’edizione 2015 di “Cinema e psichiatria” affronta un tema universale come quello dell’amore, rappresentato in tutte le sue forme nel mondo dell’arte e in particolare sul grande schermo. Un’iniziativa che per la 13ª volta vede in scena la collaborazione tra l’Istituto cinematografico “La Lanterna Magica” e il Dipartimento di Salute mentale dell’Asl. Si parte alla Multisala Movieplex che per la prima volta ospiterà la rassegna. In apertura “Vincere” di Marco Bellocchio: rappresenta il primo di una serie di incontri proiezioni a cadenza settimanale che avranno l’obiettivo di porre uno