Vecchioni a L’Aquila: adoro l’Abruzzo. È sfortunato ma sa combattere
«La felicità non sta nell’angolo acuto o nell’angolo ottuso. La felicità sta nella geometria tutta. Un sistema che avvolge ogni cosa, anche la noia, anche il dolore. Perché è sbagliato credere che la felicità sia altrove. Perché è sbagliato credere che sia una meta da raggiungere e non un percorso, un’evoluzione». Fa uno strano effetto trovarsi nell’aula magna dell’auditorium della guardia di finanza dell’Aquila e ascoltare il professor Roberto Vecchioni descrivere la sua idea di felicità, tra etimologia e filosofia, parlare di vita, amore e tempo in un contesto che fa i conti col buio.
Le storie del suo nuovo romanzo “La vita che si ama” (Einaudi) fanno breccia tra il pubblico aquilano, una comunità che proprio qui, nella caserma di Coppito, ha trovato casa nei mesi successivi alla scossa del sei aprile e ha cercato anche in questi luoghi la forza di ripartire, incontrando attori, sportivi, musicisti o ritrovando amici di vecchia data. «Sono tanto legato a questa città da molti ricordi», spiega Vecchioni, «e mi rendo conto di quanto sia difficile vivere questo tempo, trovare la motivazione per rimettersi in strada, che talvolta è quasi come giocare una partita a scacchi col destino. Alla fine si vince solo quando, pur nella debolezza, ci si “rifà sotto”, si torna a combattere contro il destino». Accompagnato dall’autore Stefano Carnicelli, il cantautore ha parlato di sé e della sua famiglia in un’iniziativa organizzata dalla libreria Maccarrone e con il Centro.
Lei è stato più volte all’Aquila in questi ultimi anni, che idee si è fatto della ricostruzione post terremoto?
«Vedo dei piccoli passi in avanti, si procede lentamente. Mi rendo conto che le cose non sono facili, ma se ci sono alcuni progressi, io credo che questi siano dovuti alla testardaggine degli aquilani. Bisogna continuare a battersi. Per fortuna, questa comunità può far leva su tanti giovani che possono invertire la rotta».
Che rapporto ha con l’Abruzzo in generale?
«Ho girato questa regione in lungo e in largo, suonando e partecipando a eventi dalla costa all’entroterra. Ho insegnato a Teramo e ho dei ricordi nitidi tra Pescara, L’Aquila e Avezzano. Sono affascinato da questa gente che si dà da fare, crea e produce pur mantenendosi umile. Certo, stiamo parlando di una regione sfortunata che deve fare i conti con un passato recente di eventi catastrofici, oltre che con una posizione geografica difficile: attraversare l’Appennino resta piuttosto impegnativo qui».
Una regione non immune da pregiudizi, se pensiamo alla recente polemica che ha accompagnato sua figlia Francesca nell’incontro con i ragazzi dell’istituto De Titta di Lanciano per parlare del suo ultimo libro “T’innamorerai senza pensare” e di omosessualità. Cosa ne pensa da docente, ancora prima che da genitore?
«Mi sembra qualcosa di terrificante: siamo nel 2017 e si devono ancora affrontare istanze di questo tipo. Mi sono confrontato a lungo con mia figlia, il suo lavoro e la sua diversità sono un inno all’amore libero, puro. Ma in Italia siamo ancora così, nel nostro Paese ci vogliono i permessi per parlar d’amore».
Lei parla del 2017, ma non trova che negli ultimi anni si stia assistendo a un progressivo indebolimento culturale, che poi è alla base della fortuna dei populismi, come fenomeno a livello mondiale?
«Mi rendo conto che fare cultura è sempre più difficile in un momento in cui ci si chiude nel proprio orticello avendo paura di tabù e, più in generale, di tutto quello che è diverso. E la politica, talvolta, è il riflesso di tutto ciò. Per fortuna ci sono delle persone che non si fermano, che non si piegano alla visione dominante e spingono per una visione originale».
Cosa racconta il suo libro?
«Le mie sono storie di felicità da spiegare ai figli, anche attraverso i dolori che poi si superano. Ci ho messo dentro speranza, entusiasmo, voglia di andare avanti, ma senza fare il maestro che spiega la vita agli altri. Anzi, parabole come quella del “figliuol prodigo” ci insegnano l’importanza di lasciare ai propri piccoli anche la possibilità di fare esperienze e sbagliare, salvo poi arrivare a capire quando è il momento giusto di tornare a casa».
Che rapporto ha con i figli?
«Non facile, spesso il padre rappresenta un esempio, ma uno come me è spesso via per lavoro e la situazione si complica. E io so di aver sbagliato tante volte».
Il libro è accompagnato da un cd.
«Queste canzoni viaggiano in una dimensione verticale che si sviluppa nell’arco di quarant’anni. La musica accompagna momenti del passato in cui ci siamo rivisti e riabbracciati per riscoprirli con una consapevolezza diversa».
di Fabio Iuliano – fonte: il Centro