L’Aquila, i fagioli della rinascita: la storia di Matteo
9 Aprile 2017 Condividi

L’Aquila, i fagioli della rinascita: la storia di Matteo

Ripartire dalla propria terra. Tornare alle origini. Dare una svolta alla propria vita raccogliendo un’eredità di generazioni. Ecco che la storia di Matteo Griguoli diventa un esempio di quanto poco basti per rimettersi in strada. Di quanto poco serva per tornare quantomeno a camminare, anche se la salita è piuttosto dura e piena di sassi. Trentatré anni oggi, Matteo ha scelto di restare nella sua Paganica a lavorare cercando la maniera più efficace di tirare fuori qualcosa da quelle terre troppo spesso dimenticate. Un’attività tutt’altro che facile senza i consigli e l’esperienza tramandata dai nonni contadini.

E dire che il giovane a tutto pensava fuorché al lavoro nei campi. Fino a qualche anno fa, la sua unica preoccupazione era quella di fare più in fretta possibile gli esami alla facoltà di Veterinaria e magari trovare lavoro in zona. E invece, il corso degli eventi ha spinto il giovane a fondare un’azienda tutta sua, un’attività che porta il suo nome. Non solo, il suo impegno alla riscoperta della coltivazione dei fagioli di Paganica, è valso il riconoscimento di presidio Slow food. «Insieme ad altre imprese del territorio», spiega, «abbiamo creato un’associazione orientata alla valorizzazione del marchio di questa particolare coltivazione del fagiolo. Ci siamo messi insieme e ci siamo costituiti in un sodalizio che ho l’onore di guidare». Si tratta di un piccolo gruppo di coltivatori, tutti Under 40, tutti convinti di intraprendere una scelta professionale (e di vita) analoga a quella di Matteo: restare da queste parti per dare nuova linfa a questa tradizione. Fanno parte di questa associazione produttori anche Giuseppe Moro, Antonio Tennnina, Emanuele Falerni, Antonello Angelini. Un gruppo di amici, prima di qualsiasi altra cosa. Questa tradizione rischiava di scomparire dopo gli anni Settanta, in quanto veramente pochissime persone hanno raccolto il testimone di generazioni passate.

Adesso le opportunità ci sono. Il nuovo meccanismo della “Banca della terra” sta creando le condizioni affinché tanti cittadini possano avere a disposizione degli appezzamenti di terreno da coltivare. Questo dispositivo, infatti, permette di avviare nuove attività agricole a soggetti che attualmente ne risultano impossibilitati poiché non in possesso di terreni da destinare a tale scopo. In questo modo si vuole dare un impulso allo sviluppo del settore agricolo abruzzese e alla produzione di prodotti autoctoni, incentivando la nascita di nuove aziende o l’ampliamento di quelle esistenti, con particolare riguardo verso i giovani che si avvicinano per la prima volta all’agricoltura, i disoccupati e verso le cooperative che intendono espandersi. Ci sono anche incentivi e finanziamenti mirati per le zone colpite dal terremoto.

«Ma tante attenzioni mancano a quest’area», sottolinea Matteo, «ad esempio, il nostro splendido comprensorio è stato a lungo trascurato e tante scelte urbanistiche, a partire dal Progetto Case hanno penalizzato l’agricoltura in questa zona. Intendiamoci, io vivo in una delle new town e sono ben lungi dal dover criticare. Però, solo nell’area di Paganica sono andati via 37 ettari di terreno fertile. Non si poteva costruire altrove, sulle rocce magari?». La sfida ora è quella di fare di questo borgo, grazie anche all’agricoltura, un luogo di speranza: «Prima del terremoto», spiega Matteo, «Paganica era un borgo fantastico. Mi auguro di vederne un giorno la rinascita. Intanto noi cerchiamo di dare una speranza alla nostra gente, anche grazie alle nostre attività». (fab.i.)

Fonte: il Centro