Un atleta: “Teniamo alla salute, ma ci vedono come untori”
Sapete cosa mi fa specie di tutta questa faccenda? Che quella piccola percentuale di italiani che si è sempre dedicata al proprio benessere, alla cura del proprio corpo e della propria salute sia, paradossalmente, vista come l’untore. Proprio quelli che, in teoria, dovevano salvare il sistema sanitario dal tracollo”.
Mentre sui social crescono le perplessità di chi trova inutile e persino dannoso rinunciare alle attività all’aria aperta, arriva lo sfogo di un ciclista amatoriale aquilano, Michele Rubeis, le cui parole esprimono perplessità non tanto nel merito delle restrizioni introdotte dai vari Dpcm, quanto in relazione alle numerose critiche mosse a chi, pur nel rispetto delle regole e del social distancing, cerca di continuare a fare all’aria aperta.
“Ho rispettato e rispetterò le regole”, inizia la riflessione che Rubeis affida a Facebook. “Però mi sembra strano che un atleta amatoriale, che ha sempre fatto regolare attività fisica, che ha curato l’alimentazione, che fa regolari visite mediche (obbligatorie se vuole gareggiare), che fa di tutto per non ammalarsi o infortunarsi, oggi sia quasi considerato come un portatore di virus”.
“Quindi succede”, prosegue, “che una manica di fumatori, alcolisti (niente contro l’alcool, ci mancherebbe), sedentari, ipertesi, portatori insani di arterie occluse, gente che compra la cintura elettrica per avere gli addominali senza sforzo, gente che usa l’auto per attraversare la strada, gente che inevitabilmente riempirà gli ospedali nel giro di qualche anno, ti punti il dito perché cammini, corri, usi la bici. Anche, e soprattutto, se lo fai in sicurezza”.
Il riferimento è alle esagerazioni di questi giorni: “La forza pubblica”, sottolinea il cicloamatore, “che usa gli elicotteri per inseguire un runner sulla strada è talmente ridicola che si dovrebbero vergognare solo a divulgare la notizia. Voglio dire, nemmeno con Igor il terribile riuscivano a mettere in campo questi mezzi. Certo, pur di uscire sono diventati tutti runners. Oppure no? Non può essere che gli assembramenti di podisti siano solo il frutto di una politica errata? Perché tutti (o quasi) questi runner prima si sparpagliavano per la provincia, gli argini, le colline, i monti, le ciclabili. In fondo, a chi piace correre in centro fra le auto?”.
Una prospettiva diversa: “Attenzione”, precisa, “non sto sottovalutando il problema dei contagi. Sto mettendo l’accento su un’altra piaga della nostra società. Quella che ti fa vedere lo sport dilettantistico come una perdita di tempo, una fatica evitabile, spesso un disturbo alla popolazione che lavora (o che si sposta in auto per diletto). Ecco che le maratone ‘murano in casa i cittadini’, i ciclisti ‘rompono i coglioni a me che ho fretta’, i bambini non possono giocare nei cortili, ‘perché ti alleni così tanto? Mica devi fare le olimpiadi!’. Insomma”, conclude, “la strada che trasforma un salutista in un nemico della salute è piastrellata di ignoranza ed invidia, lo sappiamo. Così come sappiamo che gran parte del ‘merito’ va alle nostre amministrazioni, che mai come ora mettono i bastoni fra le ruote allo sviluppo di un modello di vita sano e sostenibile”.