Covid 19, un terremoto nel terremoto
Mattina, interno giorno, 18 gennaio 2017: i sismografi registrano varie scosse superiori al 5 di magnitudo. La tentazione è quella di aprire la porta e scappare. Ma fuori c’è la neve a scoraggiare qualsiasi iniziativa. Di lì a qualche ora succederà l’impensabile: i movimenti sismici scateneranno quella concausa di eventi che porteranno alla tragedia di Rigopiano e all’isolamento di tanti piccoli Comuni e la tragedia di Rigopiano. Ma questa è un’altra storia da dimenticare. Ciò che resta, di quei giorni, è la sensazione di smarrimento, tutt’altro che inedita per una comunità di persone chiamate da anni a ripensare le sue giornate.
L’emergenza del Coronavirus per chi vive nelle aree dell’Umbria, delle Marche, del Lazio e dell’Abruzzo si presenta come un terremoto del terremoto. Città e paesini sono deserti, l’invito a restare a casa sembra essere rispettato. Anche all’Aquila dove tante piccole attività cercano di resistere. Certo, la vista delle tende in ospedale e il recupero della struttura sanitaria utilizzata per il G8 del 2009 costringe molti a un amaro flash back.
“Siamo stati anni in zona rossa, due o tre settimane ci rimbalzano”. Ben lungi dal voler ostentare sicurezza, anzi, piuttosto preoccupato per l’emergenza di questi giorni e le possibili ripercussioni sulla sua attività, Marcello Bernardi affida queste parole all’inizio della sua giornata, prima di dedicarsi a sistemare chitarre e bassi negli espositori igienizzati e sanificati con cura. Titolare di un negozio di strumenti musicali all’Aquila, sa bene cosa vuol dire fare conti con punti di riferimento sempre inediti, in cui si passa da un’emergenza all’altra. Prima il terremoto, nel 2009, a costringere la sua attività a lasciare il centro storico e affrontare diversi traslochi, oltre a una crisi economica che condiziona l’attività di tante piccole e medie attività commerciali. Ora il coronavirus rappresenta una nuova sfida.
Situazione delicata anche per le aree colpite dal sisma del centro Italia. Il viaggio tra la disperazione e la sfiducia di persone e amministratori corre sulla dorsale appenninica, da Camerino a Norcia, passando per Cascia, Visso, Castelsantangelo sul Nera e Ussita. Sindaci e imprenditori sanno di dover far fronte a un’emergenza forse ancora più grave di quella vissuta con gli eventi sismici del 2016. La gente è disorientata, davanti vede solo il buio, pensa di andare altrove. Sì ma dove?
Intanto i sindaci di Norcia e Castelsantangelo, Nicola Alemanno e Mauro Falcucci, invocano all’Ansa “misure straordinarie a sostegno di famiglie e imprese”. “Se finita l’emergenza sanitaria l’Italia avrà bisogno di misure di sostegno alla semplificazione e all’economia pari a 10, le aree terremotate avranno necessità dello stesso sostegno ma con un coefficiente pari a 100”, sottolinea Alemanno. La vice sindaco di Visso, Patrizia Serfaustini, chiede alla gente di non arrendersi e invita i governanti a “comprendere cosa significa stare in zona rossa, adesso voglio sperare che colgano il reale disagio”. Chi si dice preoccupato sopra ogni misura è il sindaco di Camerino, Sandro Sborgia, per la gestione delle degenze ordinarie in rapporto all’emergenza Coronavirus. La regione Marche, infatti, ha stabilito che il presidio ospedaliero locale verrà destinato al trattamento dei pazienti affetti da Covid 19.