A scuola
Da un po’ di tempo, un giorno a settimana, insegno italiano ad alcuni adulti ucraini ospiti del villaggio Map di Civitaretenga. Come spesso faccio anche con l’inglese, mi piace usare canzoni che evocano una suggestione o una storia per me in quel momento significativa e funzionale a quello che voglio raccontare. Canzoni relativamente semplici, come “Alba Chiara” o “Che sarà”. L’altro giorno ho proposto loro anche “Bella Ciao”, come inno internazionale di libertà e resistenza. Non affatto con l’intenzione di fare analogie alla situazione attuale.
Di considerazioni sulla crisi russo-ucraina è piena la rete. In tanti fanno riflessioni più o meno interessanti. Rispetto tutti, anche quelli che ora scrivono e magari prima di febbraio non avevano neanche mai sentito parlare del Donbass. Con i miei studenti, però evito di fare riferimenti o allusioni, perché so che questa gente ha bisogno di tante cose, ma non certo di uno che gli vada a fare della geopolitica a basso costo. Noi però stavamo parlando di altri nemici e altre resistenze contro l’inverno, il freddo e l’assenza di luce e gas. Così gli ho cantato “Bella Ciao” e loro mi sono stati a sentire. Qualche giorno dopo mi hanno restituito una versione ucraina della canzone che si può ascoltare a questo link: https://bit.ly/3XkN8Xk
Ho chiesto loro di tradurmela e mi hanno detto che la canzone parla di come una mattina, all’alba, in un istante la vita cambiò: razzi dal cielo, carri armati dal campo “e il nostro sangue ribolliva”.