“To be or not to be a genious”
“Shakespeare era un genio!”
Una delle frasi più abusate nel mondo della cultura e dello spettacolo da secoli a questa parte, anche da chi le opere del bardo nato e morto a Stratford-upon-Avon non le ha mai lette o, peggio ancora!, non ha mai assistito a un loro degna rappresentazione a teatro.
Questo il destino di una delle più grandi personalità della letteratura di ogni tempo e di ogni paese nonché, ad uno sguardo storico più ravvicinato, uno degli esponenti principali del rinascimento inglese.
Un genio a priori.
Trentotto opere teatrali da lui composte nell’arco della sua fulgida carriera, drammi storici, commedie e tragedie che nel corso di 500 anni hanno influenzato scrittori, poeti, registi, musicisti e attori di ogni corrente, di ogni estrazione.
Perché?
Si può scegliere una delle tante storie create dalla sua prolifica penna per cercare di capire il senso di innovazione e stupore che la sua opera ha portato nel mondo dello spettacolo e della cultura?
A mio modestissimo avviso, sì.
Provate a chiedervi: “quanti Danesi famosi nel mondo e nel tempo sono annoverabili nelle cronache e nelle antologie moderne?”
Così a braccio viene subito alla mente Hans Christian Andersen. scrittore e poeta, Lars Ulrich. musicista e batterista dei Metallica, Soren Kierkegaard, filosofo, Lars von Trier, regista…
Ma su nessuno di loro, cittadini illustri in carne e ossa, sono mai stati versati tanti fiumi di inchiostro se paragonati ad Amleto, uno dei pochi personaggi letterari che vivono anche al di fuori del testo, al di fuori del teatro.
Il suo nome dice qualcosa anche a chi non ha mai visto, non ha mai letto niente di Shakespeare.
Questo perché di Amleto (e non solo di Amleto nella produzione Shakesperiana) si può fare cronaca storica ma anche grande romanzo giallo oppure dramma esistenziale e filosofico.
Nel castello di Elsinor come nella vita e negli umani accadimenti la grande protagonista è la paura, la paura che corrode tutto: rapporti, amori, amicizie.
Amleto è un giovane uomo dalla mente tormentata e brillante che finge di esser pazzo per scoprire la verità rivelatagli da uno spettro!
Un plot micidiale, originale, evocativo, esplosivo.
Amleto è filosofia, morale, psicologia.
Si tratta di un grande dramma, forse il più grande.
Sulla scena gli uomini lottano, cospirano, si uccidono, commettono delitti per amore e per amore impazziscono.
Rivelano al lettore, allo spettatore, verità scomode e sconvolgenti sulla vita, sulla morte, sul destino umano.
Difendono il potere e al potere si ribellano.
Ma tutto ciò è vano come nella vita reale.
Dinanzi all’ineluttabilità del meccanismo della Storia, alla fine, a cose fatte, dopo il massacro generale è il giovane Fortebraccio, personaggio appena accennato fino ad allora, comparso in una sola fugace scena, il cui padre è stato ucciso in duello dal padre di Amleto, ad annunciare: “Portate via questi cadaveri, adesso il vostro Re sono io!”
Perchè la Storia, come il Teatro, come la Letteratura non si ferma, non ha pietà di chi è caduto.
Amleto è geniale poiché Amleto stesso è un genio, pur nutrendo uno spirito bramoso di vita e significati considera la vita come una partita a scacchi persa ancor prima di iniziare a giocare, vuole uscire dallo schema del gioco ma si piega alle sue regole, è un esistenzialista e un ribelle, “la morte trasforma la vita in destino”, gli fa dire Shakespeare e in questa frase si eterna e si consacra il genio della sua scrittura.
di Giuseppe Tomei – autore e operatore culturale: Fonte: TheWalkofFame.it