Pearl Jam: ecco “Gigaton”, l’undicesimo album
26 Marzo 2020 Condividi

Pearl Jam: ecco “Gigaton”, l’undicesimo album

No, non potevano prevedere tutto questo, neanche lontanamente. Eppure, tra le strofe di “Gigaton” in uscita internazionale – nonostante i comprensibili problemi di distribuzione – ci sono vari, inequivocabili, messaggi subliminali che ci aiutano a capire le contraddizioni del presente.

Le domande sospese di Love Boat Captain, una delle canzoni più significative di “Riot Act” (2002), trovano ora risposta in un album che accarezza il presente liquido già dalla prima canzone Who Ever Said: un rock dritto dalle chitarre pulite che accompagna una voce che spinge fino al messaggio chiave: “Tutte le risposte si trovano negli errori commessi”.

Un suono fresco, sperimentale a tratti inedito per i Pearl Jam anche grazie alla presenza del nuovo produttore Josh Evans che aveva già firmato Can’t Deny me. Who Ever Said è anticipata da un’intro ipnotica che riproduce le prime note utilizzate per promuovere l’uscita dell’album (ricordate la ricerca con la realtà aumentata?).

Poi Superblood Wolfmoon, seconda canzone e secondo singolo estratto, lanciato con la celeberrima caccia alla luna smartphone alla mano. Il terzo pezzo della tracklist è la già conosciuta Dance of the Clairvoyants accolta dalla comunità con umori contrastanti. Il primo segnale di una svolta verso qualcosa di diverso, un “grunge adulto”.

Arriviamo a Quick Escape retta su un tosto giro di basso di Jeff Ament sul quale Eddie Vedder canta di una viaggio internazionale dove cita Jack Kerouac (“Sleep sack, a bivouac and Kerouac sense of time” canta Ed). Parliamo del terzo e ultimo singolo d’anteprima.

Per ascoltare Quick Escape, la band di Seattle ha messo a disposizione un videogioco arcade in 8 bit (il famoso Space Invaders) in cui è possibile scegliere uno dei 6 membri dei Pearl Jam – c’è anche Boom Gaspar – per guidare la navicella e sparare ai marziani; nel frattempo è possibile ascoltare il nuovo brano.

Arriviamo ad Alright, la la prima ballata Eddie style, contraddistinta dalle parole “If your heart still beats free, keep it to yourself“. Si arriva a Seven O’clock che propone uno strano e inedito falsetto di Eddie Vedder presente nella seconda parte della traccia. “Fa parte delle prime session del gruppo per questo disco tenute nel 2017, poi è stata cambiata diverse volte nel corso del tempo” ha detto il produttore Evans mentre Eddie si è detto particolarmente orgoglioso del suo testo.

Never Destination è un pezzo pensato anche per i live e ricorda da vicino certe sonorità post-punk di fine anni settanta mentre Take The Long Way si basa su un buon riff di batteria di Matt Cameron, impreziosito dalla voce di Eddie che declina il paradosso “I always take the long way – It leads me back to you.”

Buckle Up è la classica canzone riempitivo, con buona pace dell’autore, Stone Gossard. Musicalmente è poco più di un esercizio di stile. Quindi, Come Then Goes altra ballata di Eddie Vedder che ricorda certe canzoni di Pete Townshend (dove il cantante dei Pearl Jam canta “We could all use a savior from human behavior“).

Gigaton” si conclude con due tracce significative: Retrograde è una struggente ballata sullo stile di Just Breathe e Sirens dove Eddie ripete più volte il verso “feel the sound“. La chiusura è affidata a Cross River, già presentata alcune volte nei concerti solisti del cantante dei Pearl Jam (all’Ohana Fest nel 2017 e nel 2019 al Firenze Rocks, per esempio.

Incisa da Vedder con un pump organ del 1850 e impreziosita da alcune note di kalimba suonate da Jeff Ament e di chitarra acustica suonate da Stone Gossard. Presente anche McCready che qui suona l’e-bow.

“Gigaton” – in italiano “gigatone” – è un’unità di misura di massa equivalente a un miliardo di tonnellate: viene utilizzata in climatologia per quantificare il distacco di ghiaccio ai poli. Un fenomeno di cui si è interessato anche il fotografo Paul Nicklen, che solamente una settimana fa pubblicava sui social la foto che sarebbe poi diventata la copertina del nuovo album dei Pearl Jam:

“Cosa rende eterna un’opera d’arte? Questa è ovviamente una domanda molto soggettiva, ma voglio dare la mia opinione personale su questo argomento attraverso le mie foto”, ha scritto Nicklen condividendo alcuni suoi scatti, “per me, il mio lavoro è senza tempo perché ciò che fotografo non è affatto senza tempo. Quando fotografo, cerco di catturare un momento unico che non si ripeterà mai più”.

di Fabio Iuliano – fonte: TheWalkofFame.it