L’Aquila, ecco il peggiore bar
15 Dicembre 2019 Condividi

L’Aquila, ecco il peggiore bar

Parafrasando – e pure male – lo scrittore britannico Douglas Adams, avevamo iniziato questo percorso tra i “peggiori bar”, cercando quel locale (o quei locali) frequentati dagli angeli del sabato sera. Quelli che arrivano al bancone esausti anche solo per il fatto di essere stati buoni tutta la settimana e sentono il bisogno di una birra forte.

E proprio dalla birra eravamo partiti, con tanto di decalogo dedicato stampato sulla parete di un locale in centro, lì dove leggi anche frasi come “ho sempre pensato che bere mi facesse male, allora ho smesso di pensare”, scritte con tanto di pennarello indelebile.

Era stato il karaoke a portarci lì perché è nelle serate karaoke che si concentra, forse, la parte più autentica della movida di una città che ancora si lecca le ferite.  È lì che non troveresti mai quelli che non sbagliano mai una nota, semplicemente perché non escono mai dalla zona di comfort dell’estensione delle proprie corde.

E con il karaoke abbiamo fatto bei giri: chiedete a Marco Tatò Moretti e alle sue serate quelle dai “sogni… quelli belli… bellissimi. Quei sogni quando sembrava essere tornato tutto come prima… ma poi ti svegli e pensi… me sa che è meglio che me rembriaco pure massera”, per dirla proprio con parole sue.

Chiedete anche a The King, Andrea Aglioti quello che il karaoke all’Aquila lo ha inventato e porta in giro i suoi microfoni, ripuliti dopo ogni cantata con lo spray (mai vista una cosa del genere).

Come non parlare poi, di uno come Francesco “Checco” Cianca: te lo vedresti tranquillamente davanti alla consolle del karaoke, in una mano il microfono nell’altra un bicchiere di gin e Campari. “Tranquillo… scrivi quello che vuoi… faccio tutto alla luce del giorno… tranne la notte…”.

Insomma, un vero e proprio movimento, normato da una serie di consuetudini non scritte, tipo: “La prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. La seconda regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club” come abbiamo scoperto strada facendo. Un universo che non fa distinzioni di genere, anzi lascia spazio all’incanto delle voci femminili che si fanno spazio nell’underground.

Quell’underground raccontato dalla musica dal vivo dentro e fuori città. Non sono mancate, infatti, delle incursioni nei paesi vicini, a caccia di storie, aneddoti e artisti.

Vogliamo parlare di gente come Callisto Di Nardo. Sessant’anni, da una vita con tele e tempere, si è fatto apprezzare per i suoi ritratti e i suoi paesaggi rurali, ispirati ai borghi dell’altopiano di Navelli e del Gran Sasso. Bravo anche alla chitarra. Oppure delle tante iniziative nell’hinterland, dalle frazioni di Bagno e Monticchio all’abitato di Scoppito.

Tante le suggestioni on the ground, dalle canzoni dei Deep Purple agli omaggi a Joker di Todd Phillips. Dalle auto sbiellate ai quadri di Hopper, i Nottambuli in particolare (il quadro in basso, mentre quello in testa all’articolo è di Fabian Perez), quello che propone lo scorcio notturno di una strada metropolitana fa da sfondo a un grande bar illuminato da fredde lampade al neon. All’interno, tre clienti e un barista. L’espressione della coppia seduta di fronte al barman è assorta, persa in chissà quali pensieri. I due si sfiorano, ma non comunicano nemmeno con lo sguardo. Nessuno dei quattro parla, né appare interessato ad attaccare bottone.

Vogliamo tirare dentro anche il Beer Pong e delle varie attività che hanno raccolto l’eredità del giovedì universitario ante-sisma. Suggestioni di un tempo in cui eravamo felici e non ci facevamo neanche caso. Quell’eredità raccolta anche dai locali di piazza Chiarino, ma anche dall’energia di chi ogni giorno mette il suo bancone a servizio di cittadini e visitatori. Tante le saracinesche che si aprono prima dell’alba: il bar dello Stadio, il vicino Doppio zero, il bar Castello,  il chiosco di San Bernardino, il bar del Corso, il bar Nurzia.

Tanti altri ne potremmo nominare, senza mai riuscire a individuare “il peggiore”. Eppure, dentro ciascuno dei luoghi visitati abbiamo trovato quello spirito autentico che cercavamo. Quello spirito autentico che ti fa sentire a casa, anche se sei appoggiato su un bancone che vedresti bene in una sottobettola di Caracas.

A ciascuno dei luoghi visitati e ai loro gestori auguriamo buone feste e lunga vita, sono anche loro protagonisti della rinascita di questa città.

di Fabio Iuliano – fonte: Virtuquotidiane.it 

P.s. questa rubrica è stata condotta nel rispetto delle idee e delle opinioni politiche di tutti. Non sono stati maltrattati animali o categorie protette, tranne quella dei ciclisti da granfondo.