L’Aquila delle New-town dieci anni dopo / 1
20 Novembre 2019 Condividi

L’Aquila delle New-town dieci anni dopo / 1

«Se non facciamo qualcosa, rischiamo tutti di essere parte attiva di un laboratorio di abbrutimento delle persone». Gli stivali tra le foglie ai bordi della strada, la valigetta di pelle in un braccio e in mano una copia di un quotidiano, Giuseppe Gualtieri ha l’aria di chi potrebbe scrivere un libro su tutto quello che passa sotto e sopra le piastre delle undici palazzine che compongono il Progetto Case di Sant’Antonio, l’unico realizzato in città e per questo sempre molto ambìto.

Giuseppe si prepara a vivere il nono Natale in questa newtown. Il suo è uno dei 260 appartamenti capaci di ospitare, a pieno regime, anche 949 sfollati. Negli anni, il numero si è ridotto e oggi si attesta tra 600 e 700, ma sono pochissimi gli alloggi disponibili, in quanto quest’area, a cavallo tra la periferia Ovest e le vie di collegamento verso il centro storico, è molto richiesta. Con gli anni è cambiata anche la composizione sociale dell’area, con dei bandi progressivi che hanno riservato ad anziani, disabili e famiglie indigenti diversi alloggi, prima occupati da nuclei familiari trasferiti altrove.

VANDALISMO E FURTI. Sì, ma l’abbrutimento dov’è? Gualtieri inizia a parlare degli episodi di vandalismo e tentati furti, registrati negli ultimi mesi. Alcune auto sono state anche oggetto di vandalismo e un residente si è ritrovato le gomme della macchina tagliate con una lama. L’automobile era parcheggiata come sempre nel posto garage nel piano semi-interrato, dove si trovano gli isolatori sismici.

Non sono mancate, proprio in questi parcheggi coperti, delle segnalazioni in merito ad attività di spaccio di droghe.
«Notiamo degli strani movimenti tra le palazzine», sottolinea, «e più volte abbiamo visto l’intervento delle forze dell’ordine». Alcuni giovani della zona si sono anche resi protagonisti di episodi di bullismo, ai danni di alcuni tra i tanti residenti anziani che popolano il quartiere, non in ultimo per Halloween, quando una signora sull’ottantina è stata interamente ricoperta di farina e d’uovo. Lamentele che riguardano anche la gestione degli animali domestici: «Via Giuseppe Antonio Centi, dove c’è la fermata del bus», spiega, «potremmo ribattezzarla via Vespasiano, perché è diventata itinerario obbligato di tutti quelli che portano a spasso i cani. Ci sono un paio di signore che chiamiamo ormai “Treccani”, per il numero degli animali che portano a passeggio: non meno di tre alla volta. Loro almeno usano sacchetto e paletta, ma sono quasi le uniche».

MANUTENZIONE. Manutenzione e gestione dei rifiuti rappresentano un capitolo a parte. «Ben venga il camper allestito dall’Asm per sensibilizzare la popolazione del quartiere», prosegue Gualtieri, «tuttavia, la gestione della raccolta rifiuti fa i conti sulla competenza di chi deve svuotare i cestini nelle aree verdi ed è un continuo rimpallo tra l’ex municipalizzata e le aziende, come l’Antas, che ha preso l’appalto per la manutenzione ordinaria».

OCCASIONE MANCATA. Gualtieri invita a salire le scale e indica i contatori: «Abbiamo la fortuna di vivere in strutture realizzate secondo i migliori criteri di efficientamento energetico», sottolinea, «con condizioni che difficilmente si troverebbero altrove. Eppure, le difficoltà di gestione in questi anni hanno vanificato questa condizione».

INFILTRAZIONI. Continua a piovere e questo mette in evidenza delle infiltrazioni d’acqua nell’area dei parcheggi- garage, conseguenza chimica del cemento a contatto prolungato con l’acqua. Un fenomeno che si riscontra facilmente in ciascuna delle piastre del complesso». Insomma, una situazione di vivibilità che non rispecchia l’idea di oasi felice con la quale sarebbero nate queste abitazioni antisismiche, patrimonio del Comune, ma anche e soprattutto pozzo senza fondo che assorbe soldi.

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro

 

NEL PARCO DELL’INTEGRAZIONE

È mattina piena, ma nel vederlo a spasso col suo cane, tra le due diramazioni di via Fulvio Muzi, l’assessore Vittorio Fabrizi appare più un personaggio da Sunday afternoon, per dirla con gli usi costumi inglesi, che riservano alla domenica pomeriggio il tempo e lo spazio per una passeggiata nel parco, magari con nelle cuffie musica di ambiente: esiste proprio uno stile adatto per questo momento della settimana. «Non abito nella new town, ma ho la casa qui vicino. Però qui mi piace portare a spasso lui», afferma con gli occhi fissi su collare e guinzaglietto. E l’assessore non è certo l’unico a utilizzare l’area verde al centro delle piastre antisismiche come un vero e proprio parco.
Del resto, l’area di Sant’Antonio è perfettamente incastonata tra alcune delle vie principali della città, sedi di scuole, aziende e uffici. «Quanto sarebbe bello», valuta Salvatore Romoli, «fare di quest’area un vero e proprio complesso residenziale, sfruttando anche queste aree verdi. Si potrebbe anche concepire un parco per i cani, così come esiste in altre città».

AREE-GIOCO. Un ragionamento che deve tener conto anche delle due aree-gioco esistenti. Le promesse di realizzazione di una tensostruttura per i giovani e giovanissimi sono rimaste legate alle varie campagne elettorali, che si sono alternate in questi dieci anni. Il campo di basket era stato realizzato con buon materiale, ma i segni del tempo si fanno sentire: pavimentazione a tratti mancanti e reti divelte. I residenti hanno provato a riunirsi e fare il punto sulle spese da sostenere per mettere a posto il terreno di gioco, ma bisogna sottoporre il preventivo alle aziende che si fanno carico della manutenzione. Per l’area dedicata ai più piccoli, con scivoli e altalene, alcuni abitanti hanno fatto da soli: zappa, rastrello e olio di gomito.

L’INTEGRAZIONE. «L’unica ad aiutarci», sottolinea Romoli, «è una signora dell’Est Europa che ci ha visto lavorare ed è intervenuta, coinvolgendo anche i suoi tre figli. Se aspettavamo gli interventi esterni eravamo freschi». L’integrazione passa anche attraverso queste piccole cose. Sono diverse le famiglie straniere che abitano nella zona, tra queste anche quella di Abdula Salihi, per tutti Duli. Il suo carisma lo ha portato a fondare e coordinare l’Associazione culturale Riljindia, un punto di riferimento in questo quartiere, ma anche un po’ in tutta la città, per le famiglie provenienti da quell’area geografica, quasi tutte di etnia albanese e in gran parte di religione musulmana. L’associazione, attraverso le sue attività, costituisce una forma di riparo dai pregiudizi culturali, specie in un momento in cui basta una voce non controllata in merito alla possibilità che i quartieri del Progetto Case possano ospitare i migranti. (fab.i.)

Fonte: il Centro