Irish cafè, musica e birra per esorcizzare l’incubo del sisma
«Da Coppito a San Sisto era tutto n’arrosto, castrato o cottora come a Ferragosto, addò magnerò domà…». Il periodo era grosso modo quello descritto dalla canzone Domà, la versione aquilana della hit di Mauro Pagani in rotazione radiofonica perenne nell’estate del 2009. Le ferite del sei aprile sanguinavano ancora, eppure – e neanche troppo sottotraccia – quegli squarci avevano risvegliato un senso d’identità e di appartenenza dimenticato da troppo tempo. Ci si ritrovava a fare tante cose insieme e le tendopoli – in barba a regole e ritmi imposti dal Dipartimento di comando e controllo – erano spesso teatro di iniziative sporadiche tra gioco, musica e sport. Erano ancora pochi i posti però dove ritrovarsi a bere una birra in campo neutro, senza dover esibire tesserini o lasciapassare. Magari davanti a un concerto o happening artistico. Così arrivò Tony, col suo autobus a due piani, British-style, parcheggiato in viale della Croce Rossa. Un piccolo avamposto che nel giro di poche settimane si ritrovò circondato di strutture provvisorie, nel tentativo di ricreare un piccolo angolo di luce attorno al quale far ripartire la movida cittadina. Allo stesso tempo, da un’altra parte della città, Massimiliano Di Marco e Francesco Scipioni stavano limando gli infissi in legno per allestire un altro esperimento, destinato a durare negli anni. Stiamo parlando dell’Irish Cafè che, in parte, ha raccolto l’eredita del pub irlandese di via Tempera, il tempio di Daniele Banelli detto “ju Sciamano”, quel grande spazio post-moderno nel cuore della città vecchia, decorato con lo stile magico dei “peggiori” bar di Dublino. Un locale che purtroppo non è mai riuscito a riaprire dopo il 2009. «Con l’Irish Cafè abbiamo deciso di ripartire nell’immediata periferia», spiega Massimiliano, «appoggiandoci a uno spazio tra gli abitati di Roio e Pianola dove mia madre aveva già un chiosco di fiori. È stato un periodo impegnativo ma stimolante, in cui io ho ritrovato la forza e le motivazioni per restare a vivere e lavorare in questa città».
Massimiliano, oggi 45enne, era tornato all’Aquila da poco dopo un periodo negli Usa. «Prima della scossa, stavo lavorando all’Evoè, con Luca Ciuffetelli», ricorda facendo riferimento all’enoteca di piazzetta Machilone famosa per i concerti blues e jazz. Un’allora sconosciuta Simona Molinari si era esibita in quello spazio proprio in quel periodo. E proprio la musica dal vivo (oltre allo sport) ha costituito il punto di forza dell’Irish Cafè, a partire dalla serata inaugurale, il 16 agosto 2009, scandita dagli accordi di Giampaolo Biondi e dei suoi Intrigo, una delle rock band dell’underground cittadino. Da quel momento, centinaia di artisti provenienti da circuiti più o meno grandi si sono alternati sul palco dell’Irish che non ha disdegnato spettacoli teatrali, presentazioni di libri o allestimenti contemporanei.
Tracce di vissuto di una comunità che, nonostante tutto, vuole continuare a dire sua. «Poi è arrivata la collaborazione con Radio L’Aquila 1, l’emittente radiofonica locale, per trasmettere da qui i live di “Controllo a terra”», ricorda il gestore, in riferimento al format in onda per anni ogni santo lunedì. Ogni settimana un ospite diverso. Un mix di canzoni improvvisate da abbinare a una chiacchierata al limite dell’improbabile con Danilo Cianca e Giuseppe Tomei. «Purtroppo, una serie di problematiche ha costretto l’emittente a sospendere il programma, ma siamo sicuri che tornerà nel palinsesto», sottolinea Massimiliano. E poi lo sport, dalla Champions al Sei Nazioni, che si lascia guardare bene specie nel periodo di San Patrick. Se il legno delle strutture portanti ha fatto di questo pub un porto sicuro nelle serate difficili dopo le scosse del centro Italia, la sfida per Francesco e Massimiliano è quella di tornare in centro, in via Verdi, dalle parti del “grande Irish”. «Ma questo posto», assicurano, «non lo abbandoniamo».