Un fiume di gente per #jazz4laquila e la città rinasce anche così
7 Settembre 2015 Condividi

Un fiume di gente per #jazz4laquila e la città rinasce anche così

Nessun concerto pop, nessun concerto rock. Sul palco neanche cantanti o gruppi da stadio. Solo il jazz a riempire piazze, strade e vicoli, un fiume di gente che canta, balla e si lascia trasportare da improvvisazioni e virtuosismi. Vortici di note e pause improvvise. Il silenzio dei vicoli interrotti da transenne e puntellamenti a fare da contraltare a una festa della musica che non conosce precedenti né all’Aquila, né altrove.

(video racconto fonte: News-Town.it)

E il jazz degli alti e bassi, degli ossimori, dei paradossi; il jazz del virtuosismo sfrenato contrapposto all’intimità delle atmosfere ipnotiche evocate da una tromba solista o da un sax; ebbene, quel jazz diventa per un giorno la metafora di una città che non si arrende ai segni del sisma. Una città che ha risposto a questa maratona con presenze da record: alcune decine di migliaia, secondo la stima degli organizzatori. Vari aquilani hanno preferito tagliare la corda, approfittando del bel tempo, proprio come è successo nei giorni dell’Adunata nazionale degli alpini, quando in molti se ne andarono per evitare la calca. Si sono lasciati sfuggire, però, uno degli eventi più belli che la storia recente ricordi dentro queste mura. Pazienza, ci sarà tempo per rifarsi, dal momento che il ministro Dario Franceschini si è preso la briga di venire di persona ad annunciare che ogni anno la musica tornerà tra le vie del centro la prima domenica di settembre.

Paolo Fresu con Fabio Iuliano

Paolo Fresu con Fabio Iuliano

Le prime note alle 12 in punto, ma già dal mattino le 18 postazioni si sono piene di appassionati e curiosi, specie quelle allestite nei luoghi più insoliti. La scelta di far alternare i gruppi all’interno della cannoniera del Castello è stata ripagata da una schiera di obiettivi fotografici. Così come quella di trasformare il ponte di accesso al Forte in un palco o di riempire balconi e finestre di musicisti di strada. Per chi seguiva l’imbarazzo della scelta era tanto. Il via ufficiale è stato dato in 12 piazze in contemporanea. Diversi gli artisti abruzzesi scesi in campo in apertura. Dalla big band del Coservatorio Casella nel chiostro del convento di San Bernardino agli studenti del Conservatorio di Pescara al parco del Castello, passando per Carlo Morena al pianoforte nell’altro suggestivo scenario dei portici di San Bernardino, fino al Paolo Di Sabatino trio, in piazza Gesuiti. Largo all’improvvisazione, alle session di strada, con i FunkOff e la Funky jazz orchestra di Berchidda, senza dimenticare la “Roman dixieland few stars” a farsi largo tra la gente. Interessanti le proposte di Largo Tunisia: il duo Monica Demuru (voce) e Natalio Mangalavite (pianoforte) ha fatto ballare e divertire.

Belle sensazioni col “Time in jazz” dei “Roundella”, formazione sarda che vede Francesca Corrias al centro del palco. Le sue modulazioni vocali hanno fatto breccia tra le note della Fender telecaster di Mauro Laconi e dalle vibrazioni al contrabbasso di Filippo Mundula. Il tutto supportato dal ritmo impresso da Gianrico Manca su charleston e rullante. Sarebbe lunghissimo l’elenco delle giovani proposte che non hanno certo sfigurato di fronte a nomi che hanno portato il jazz italiano agli altari internazionali. Un parterre d’eccellenza il concerto serale con Enrico Rava, Danilo Rea, Enrico Pierannunzi e Gino Paoli le cui canzoni hanno fatto sognare piazza Duomo, a partire da “Sapore di sale”. Un elenco di “mostri sacri” di cui fanno parte anche Franco D’Andrea, Antonello Salis, Gianni Coscia, Gianluigi Trovesi, Rita Marcotulli e Roberto Gatto.

I tanti venuti da fuori, un po’ tutta l’Italia centrale, si sono portati di tutto, seggiolini ripiegabili, biciclette elettriche e cibo e bevande. «Ho visto tantissimi forestieri con le macchine fotografiche, era quello che serviva alla città per far passare il messaggio della ricostruzione da portare avanti», ha spiegato Alfredo Moroni, presidente del comitato Perdonanza. Quasi impossibile mangiare nelle ore di punta senza fare code chilometriche nei punti ristoro, letteralmente presi d’assalto. C’è da dire che non tutti i locali erano pronti per la manifestazione. In molti hanno pensato di non aprire a pranzo, o addirittura restare chiusi nell’intero arco della giornata. Terminati nel giro di poche ore i programmi della manifestazione, specie a ridosso delle postazioni principali.

di Fabio Iuliano – il Centro