De Amicis: a Sanremo attraverso tutti i linguaggi
Turni straordinari di prove, riunioni tecniche, modifiche last minute che tengono chiusi gli autori in albergo a cercare di trovare la quadra sulle partiture. A Sanremo, i giorni che anticipano la settimana del Festival stravolgono un po’ la vita della cittadina, trasformandola in una metropoli in fibrillazione. Ne sa qualcosa Leonardo De Amicis, confermato anche quest’anno, per la quinta volta consecutiva, come direttore musicale nella squadra dei fedelissimi di Amadeus. Nato a Corvaro, in provincia di Rieti, ma aquilano di formazione artistica, per la Rai ha curato gli arrangiamenti e diretto l’orchestra per Stasera pago io con Fiorello (2001 e 2002). Ha poi lavorato con Carlo Conti, Raffaella Carrà, Vincenzo Salemme, Massimo Ranieri e Gigi D’Alessio. Dal 2009 al 2015 è stato direttore artistico di Ti lascio una canzone condotto da Antonella Clerici ed è stato direttore musicale di The Voice of Italy. Ha collaborato in Rai anche con Roberto Bolle. Il debutto in tv nel 1999 con in C’era un ragazzo con Gianni Morandi. All’Aquila è direttore artistico delle ultime edizioni della Perdonanza Celestiniana e dei Cantieri dell’Immaginario. Nell’orchestra del Festival anche un altro aquilano, il violinista Fabrizio De Melis, voluto ancora una volta dalla Sinfonica di Sanremo; mentre i maestri sostituti saranno Mario Corvini e Maria Cristina De Amicis.
De Amicis, questa edizione si contraddistingue per pluralità di generi, cosa comporta per chi dirige?
Il mio lavoro resta sostanzialmente lo stesso, nel coordinamento della direzione musicale, dagli stacchi alle esibizioni di conduttori e ospiti a differenza delle canzoni in gara, in cui cantautori e interpreti hanno il loro direttore. Ovvio che il modo di suonare dell’orchestra si evolve a seconda del tipo di suono che si deve fare emergere. In una manifestazione dalle scelte artistiche come quelle messe in campo da Amadeus si passa da un approccio di musica classica, a un crossover che combina analogico e digitale. Inevitabile doversi adattare ai nuovi linguaggi.
Parlando di ospiti musicali al teatro Ariston, il panorama è ben assortito, penso ad esempio Giorgia, Eros Ramazzotti, Gigliola Cinquetti sul palco a celebrare 30, 40 e 60 anni di alcuni tra i loro successi
Si lavora in sinergia con l’artista, di volta in volta, e tutto è concordato insieme. Il mio approccio non cambia, per me l’aspetto che conta è mantenere uno standard professionale alto. Amo la musica e cerco di esprimermi al massimo a tutti i livelli, non solo a Sanremo. La priorità è esprimermi al meglio sin dal momento della scrittura, fase che mi tiene impegnato anche in queste ore.
Del resto, una città come L’Aquila ha avuto modo di apprezzare il suo lavoro nella direzione artistica della Perdonanza, a partire dal rapporto con i tanti ospiti che si sono alternati negli ultimi anni
Quello della Perdonanza, in continuità con i Cantieri dell’Immaginario, è un discorso su cui stiamo puntando molto anche dal punto di vista musicale. Vedo crescere l’orchestra del Conservatorio, ensemble a cui – anche mesi prima – alcuni musicisti chiedono di aggregarsi in vista dei concerti maggiori. Lo scorso anno, oltre ad accompagnare artisti abbiamo lavorato su repertori misti, spaziando da Morricone a Carl Orff, specie nella serata inaugurale. In più, quella della Perdonanza sta diventando una piazza richiesta a livello nazionale. Nomi importanti iniziano a contattarci chiedendo di poter aggiungere L’Aquila ai loro tour. Il passaparola inizia a fare la differenza.
Il suo impegno per la città la mette simbolicamente tra i protagonisti della corsa in vista della scelta di capitale italiana della cultura 2026. Come vede la questione?
Credo che, a prescindere dal mio lavoro, questa città si meriti questo riconoscimento in virtù dei grandi investimenti portati avanti negli ultimi anni. Qualcosa che, vada come vada, resterà come valore aggiunto per la città e per i suoi abitanti. Mi piace l’hype che si sta creando, anche grazie alla Perdonanza e ai Cantieri che restano laboratori a servizio delle generazioni più giovani. Poi se arriverà il titolo di Capitale della cultura ben venga, in ogni caso le occasioni restano tante, a partire dal Giubileo.
di Fabio Iuliano – fonte: il Centro / Ansa