Il grido di pace della Perdonanza
24 Agosto 2023 Condividi

Il grido di pace della Perdonanza

“Fratelli e sorelle, che L’Aquila sia capitale del perdono, capitale di pace e riconciliazione”. Le parole di Papa Francesco, che dal maxischermo accompagnano le immagini della scorsa edizione della Perdonanza, introducono sbandieratori e gruppi storici su un piazzale illuminato solo dal palco e dalle candele dei figuranti. Sul palco, coro e orchestra fermano la musica per qualche istante, il tempo di accogliere sul palco la Dama della Bolla, Viola Graziosi. Le sue sono parole di guerra, distruzione, deprivazione.

Evocano immagini giustapposte a quelle del Pontefice. Le stesse immagini che fanno breccia sul maxischermo. Quindi il Dies Irae, per orchestra e coro. La 729esima Perdonanza inizia così, con un ponte tra la guerra e la pace, la luce e il buio, la vita e la morte. Un ossimoro che lascia spazio alla speranza, al mattino, al sole. Entrambi evocati nelle canzoni di Al Bano, arrivato all’Aquila carico di energia, eppure visibilmente scosso per la morte del suo amico Toto Cutugno, omaggiato poi anche al Teatro del Perdono. “Non chiedetemi di lui, altrimenti mi alzo e me ne vado”, dirà nel backstage a un giornalista. Il suo ingresso è incoraggiato dal sorriso di Lorena Bianchetti, anche stavolta scelta come conduttrice della serata.

CON GLI OCCHI DEI BAMBINI. Violante Placido che si mette davanti al rosone recitando i versi di Peter Handke evocati sotto i primi fotogrammi del capolavoro di Wim Wenders. “Quando il bambino era bambino, lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia, che ancora continua a vibrare”. Un modo come un altro per aggiungere un’altra prospettiva, quella dei più piccoli. A quello ci pensa Mr Rain con “I grandi non piangono mai”, e con “I fiori di Chernobyl”, così come più avanti con “Supereroi” cantata da alcuni bambini del Conservatorio, subito dopo la lettura della fiaba di Gianni Rodari “La guerra delle campane”. Entusiasta il rapper di questa idea. “L’apertura di quest’anno”, ha spiegato il direttore artistico Leonardo De Amicis, coautore della serata con Paolo Logli, “prosegue una grandissima tradizione in cui le arti, la musica, la parola, la recitazione si fanno portatori dei grandi valori della Perdonanza: pace, solidarietà, riconciliazione prendono voce attraverso le note e le parole delle arti del passato e contemporanee. Da sempre al servizio della costruzione sociale e degli ideali”. Un discorso portato avanti negli anni. “Abbiamo cercato di rendere attuale un messaggio di 729 anni fa”, ha commentato Logli, “portando una risposta a un momento in cui la guerra e la pace sono due elementi fortemente presenti nell’attualità. Ho scritto delle cose di mio pugno, ho adattato le parole di Sant’Agostino e ripreso dei piccoli tasselli che mettono davanti lo sguardo dei bambini, perché è il modo come tutti dovremmo guardare il mondo”. Tra gli ospiti anche Paola Turci, sul palco con la cover di “Almeno tu nell’universo” e proprio “Bambini” e Mahmood che ha suonato “Barrio”, “Rapide”, “Brividi” e “Soldi”. Spazio anche a Coma_Cose e Alfa.

SUPPORTO MUSICALE. L’accompagnamento musicale è a cura dell’Orchestra del Conservatorio “Casella” dell’Aquila. Sul palco anche il grande coro, con un totale di 120 cantori, composto da 5 corali: Schola Cantorum San Sisto (diretta dal maestro Alberto Martinelli), Corale L’Aquila (maestro Giulio Gianfelice), Corale 99 (maestro Ettore Maria Del Romano), Corale Gran Sasso (maestro Carlo Mantini), oltre allo stesso Coro del Conservatorio di Musica di L’Aquila (diretto da Rosalinda Di Marco).

L’ACCENSIONE. Il sindaco Pierluigi Biondi ha acceso il braciere della pace davanti alla basilica di Santa Maria di Collemaggio intorno alle 21.30, utilizzando una stessa fiamma partita dal Morrone. Gli ultimi tedofori sono stati Tullio De Rubeis ed Italo Ettorre che hanno condotto il fuoco a Collemaggio. Il primo, nipote di Don Tullio, promotore della Perdonanza moderna, con il corteo della bolla che, quest’anno, compie 40 anni: fu proprio Don Tullio, infatti, nel 1983 – quando era sindaco dell’Aquila – a ripristinare il Corteo. Con lui, Italo Ettorre: lo stesso ultimo tedoforo di 40 anni fa. La storia che si ripete e si rinnova, nel rito della Perdonanza Celestiniana dell’Aquila. Prima della cerimonia inaugurale, il saluto delle autorità è stato portato al pubblico presente a Collemaggio dal sottosegretario del Ministero della Cultura, Gianmarco Mazzi, dallo stesso sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, dal vicepresidente della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, dal presidente della Provincia, Angelo Caruso, e dall’arcivescovo dell’Aquila, il Cardinale Giuseppe Petrocchi. “Oggi il fuoco della Perdonanza viene acceso non solo al centro della nostra città, ma anche nel cuore del mondo”, ha detto quest’ultimo. “Chiediamo, con tenacia, la grazia che vengano gettate e consumate nel fuoco del Perdono le ‘scorie nocive’ delle inimicizie”, ha aggiunto Petrocchi, “e siano sanati gli atteggiamenti ostili, a livello relazionale e universale. Invochiamo l’Onnipotente affinché vengano dissolte le cause delle guerre: sia quelle che incendiano molti luoghi nel pianeta (in particolare, pensiamo alla vicina Ucraina), come le conflittualità microscopiche, ma distruttive, che si attivano nelle famiglie e nei rapporti interpersonali”. Particolare l’intervento del sindaco che, nel ribadire, l’eredità del messaggio di Papa Francesco, ne ha esaltato l’attualità. “La forza riconciliatrice che Papa Francesco riesce a esprimere in questi tempi complicati non si ferma alla sola preghiera”, ha detto, “come dimostra la missione di pace nella guerra ucraina, affidata al cardinale Matteo Zuppi, figura di spicco della Comunità di Sant’Egidio, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che aprì la nostra Porta Santa nel 2020, legato per radici alla nostra terra. È la versione moderna di Celestino, il cardinale Zuppi, autentico prete di strada, da sempre vicino ai poveri, uomo di mediazione e di pace, personalità molto autorevole e con sensibilità pastorali affini a quelle di Bergoglio”.

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro