Le inchieste sul sisma in un docufilm
Il volto perplesso dell’attore Matteo Di Genova in primo piano. Proiettate sulla sua camicia bianca le immagini di un centro storico pieno di gente. Nessun rumore, nessuna musica a parte l’audio di una serie di telefonate ricordate tra le intercettazioni di una serie di inchieste e procedimenti giudiziari, a partire da quello alla Commissione Grandi rischi. Parte così “Crepe della giustizia”, docufilm concepito allo scopo di far luce su tanti nodi ancora irrisolti nel post-sisma e non solo. Un’idea di Federico Vittorini, Rita Innocenzi, Agnese Porto, Alessandro Tettamanti, Stefano Ianni e dello stesso Di Genova, presentata ieri nell’ambito dell’incontro “Storie di giustizia”, organizzato al Ridotto del Teatro Comunale.
Al confronto sono intervenuti, tra gli altri, il giudice Marco Billi, la psicoterapeuta Ilaria Carosi, il giornalista Alberto Orsini, lo scrittore Alessandro “Chiappanuvoli” Gioia e il medico Vincenzo Vittorini. In collegamento è intervenuta la senatrice Ilaria Cucchi. “Non fermatevi, non arrendetevi nella vostra ricerca di giustizia”, ha detto. “Di fronte al sisma aquilano assistiamo a un vuoto di memoria e un vuoto di giustizia, perché non esiste memoria senza giustizia. La senatrice ha ribadito l’importanza di favorire percorsi giudiziari accertino responsabilità eventuali su mancata prevenzione, proventi illeciti o ricostruzione irregolare.
“Ho trovato agghiaccianti alcuni pronunciamenti”, ha aggiunto, “come l’esito del processo alla Grandi Rischi. Oppure, il concorso di colpa attribuito alle vittime con risarcimenti decurtati per non aver abbandonato la propria abitazione. Le famiglie non dovrebbero farsi carico di queste battaglie”, ha concluso, “eppure mi rendo conto che non bisogna arrendersi, perché andare avanti è l’unico modo per far emergere la verità, la mia esperienza con il caso di mio fratello lo insegna. Solo dopo anni siamo riusciti a invertire il corso della storia”. Il giudice Billi autore della sentenza di primo grado nel processo alla Commissione Grandi Rischi, dispositivo poi riformato in appello e in cassazione, ha ribadito che “non si è trattato affatto di un processo alla scienza né in primo né in secondo grado. Sarebbe stato un processo alla scienza se il tribunale in primo grado avesse ritenuto la colpa degli imputati sulla base di una considerazione o valutazione scientifica di segno contrario. Quello non avrei mai potuto farlo”. Il giudice ha chiarito, invece, che in “primo grado la colpa degli imputati è stata ritenuta sussistente, in primis sulla base di un presupposto che fu una riunione della Commissione a tutti gli effetti e in secondo luogo perché ciascun imputato si è presentato a quella riunione tacendo o non dicendo elementi che facevano parte del proprio bagaglio scientifico”. Presenti anche rappresentanti di comitati vittime di altre zone d’Italia. “Abbiamo bisogno di tempi certi della giustizia”, ha detto Marco Piagentini, presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei” che rappresenta i familiari delle vittime di Viareggio. (fab.i.)
Fonte: il Centro