Riondino: Boccaccio mi ha sedotto
Canzoni e storie dal Decameron arrivano all’Auditorium del Parco dell’Aquila con un costruito di parole e musica che mette insieme David Riondino e Maurizio Fiorilla, professore all’università Roma Tre e curatore di due edizioni del capolavoro di Giovanni Boccaccio, pietra miliare della letteratura italiana. L’appuntamento è in programma mercoledì 9 novembre alle 21. Con loro sul palco ci saranno altri quattro musicisti, Eleonora Cardellini, Paolo Antinori, Mirio Cosottini e Massimiliano Chiapperi, e alcuni studenti e dottorandi dell’ateneo aquilano (Luca Centi Pizzutillo, Daniela Del Gaone, Sabrina Iuvalé, Simona Scimia, Federico Strinella), che leggeranno brani tratti dal libro di Boccaccio. Durante lo spettacolo, il Decameron viene attraversato nei suoi momenti strutturali (il proemio, la Peste e la formazione dell’Onesta brigata e il loro ritorno a Firenze) e vengono raccontate le novelle più famose (come quella di Alatiel, di Tancredi e Ghismonda, di Federico degli Alberighi, di Madonna Filippa e altre).
Un viaggio tra racconti, letture e canzoni per rivivere, con la tutta la vivacità verbale e musicale di Riondino, le storie più famose del capolavoro di Boccaccio. Sulle sfondo vengono proiettate le illustrazioni dei racconti del Decameron, dalle miniature trecentesche alle moderne rappresentazioni a fumetti. Non solo. La performance, dal titolo “Decameron. Canzoni e Storie”, è inserita all’interno della rassegna culturale dell’ateneo aquilano “Un anno con tredici lune”, così come nella due giorni di convegno “Paleopatologia della novella dal Medioevo al XVII secolo”. Tra gli ospiti anche il professor Renzo Bragantini autore del libro “Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio”. Cantautore, musicista, regista e scrittore, David Riondino si è tuffato da qualche anno in questa avventura che nasce dall’intesa con il professor Fiorilla.
Riondino, da cosa siete partiti?
«In occasione del settimo centenario della nascita di Boccaccio, ho collaborato con Fiorilla a un programma su Radio 3 dal titolo “Umana cosa”, in cui sono intervenuti studiosi, scrittori, attori, giornalisti e musicisti. Per ciascuna di quelle puntate ho composto ballate musicali ispirate alle novelle boccacciane, registrate anche settimana per settimana. Da lì è nata un’intesa che fa leva sul fatto che il professore, oltre a essere un titolato filologo era anche un ottimo bassista. In scena è brillante e capace, forte del suo basso Fender. Così, abbiamo deciso di esportare il progetto, portando avanti questa collaborazione».
Ne viene fuori una performance dai contenuti significativi, con l’accostamento al Decameron ambientato durante la peste a Firenze del 1348 in questi anni segnati dall’apprensione relativa al coronavirus, non trova?
«Il Decameron è molto di più. Le cento novelle accarezzano psicologia, morale, filosofia. La materia e l’humus di queste storie sono le nostre relazioni tra eros, paura e desiderio».
Il vostro costituisce anche un esperimento nel segno della divulgazione culturale, specie se parte in ambito accademico.
«Sarebbe opportuno che il grande tesoro letterario che sta nelle biblioteche così come il sapere che si insegna nelle università fossero costantemente rielaborati in forme diverse, non tanto per ridurlo, quanto per avere uno strumento per farlo circolare. Sono stato di recente a Pavia e ho collaborato a un’iniziativa dell’ateneo locale in tal senso».
In ultimo, come giudica il Boccaccio interpretato da Sergio Castellitto nel Dante di Pupi Avati?
«Il film devo ancora vederlo e lo farò a stretto giro in occasione di un evento pubblico. Sono stato in contatto con Pupi Avati e trovo comunque che il suo sia un esperimento interessante».