Simona Molinari: la mia musica come un abbraccio
«Non siamo responsabili che per il metro quadrato di spazio che ci circonda e sta a noi decidere se alzare un muro o tendere un braccio». Simona Molinari racconta il tempo che viviamo con la consapevolezza e la delicatezza delle canzoni del nuovo album Petali, uscito all’inizio di aprile per Bmg. A guidare la tessitura a livello produttivo c’è Fabio Ilacqua che firma, fra le altre, la canzone d’apertura, Lei balla sola, dedicata a Sofia, una clochard, che vive nel suo mondo a testa alta, o Tempo da consumare, che traccia uno slalom fra occasioni perdute. Un’uscita accompagnata da un tour nei teatri, nei club e nei locali che la riporterà in Abruzzo. Canzoni «come fotografie dei momenti e dei tempi che stiamo vivendo, della vita e dell’amore, tra alti e bassi» da far risuonare su e giù per la Penisola, oltre che Atene: partito da Milano, il tour tocca anche San Severo, Firenze, Bologna, Agrigento e Pescara.
Sabato 7 maggio, alle 21.30, sarà al Teatro Massimo di Pescara per un concerto organizzato dalla Best Eventi.
Alla vigilia dell’anniversario del terremoto ha scelto di presentare il suo album all’Aquila, la città che l’ha vista crescere, fra qualche giorno sarà sul palco di Pescara, unica data abruzzese per il momento. Come vive questo momento?
Sono felice di cantare a Pescara. Sulla costa abruzzese ho iniziato a scrivere canzoni e associo tanti ricordi, tante emozioni a quelle spiagge. Sarà soprattutto un’occasione per ritrovare un pubblico amico con cui condividere questo nuovo album.
Un album che si attesta come figlio dei nostri tempi, con canzoni intime che raccontano tanti aspetti della vita, a partire dalle sue percezioni personali. Cosa si sente di condividere con i suoi fan?
Vorrei che chi ascolta questi brani possa in qualche modo sentirsi abbracciato e meno solo, soprattutto dopo questi due anni difficilissimi, come quelli che abbiamo vissuto. La mia voce e la musica qui si mettono del tutto a servizio dei testi e del racconto.
Come ha vissuto questi due anni?
Come molti, ho cercato di fare un bilancio su cosa fosse veramente importante, riflettendo anche sul valore del tempo o su come provare a vivere al meglio il nostro metro quadro di vita, anche aprendoci di più agli altri. Possiamo scegliere di mettere barriere o tendere la mano. Il mio disco parla anche di questo, ma lo fa con tutta la delicatezza possibile.
Si diceva della sua presentazione all’Aquila. Che sensazioni ha avuto a passeggiare tra le vie del centro?
L’ho ritrovata nuova, con una luce diversa e bellissima, unica tra le sue ferite ancora non del tutto rimarginate e tra le sue storie da raccontare.
Ferite che però in qualche modo hanno generato anticorpi in grado di aiutare i cittadini ad affrontare le nuove emergenze con maggiore forza, essendo già abituati a perdere alcuni punti di riferimento. Non trova?
Credo di sì, in qualche modo. Peraltro, nel comporre questo album, ho sperimentato che i cicli della vita vanno e vengono, si passa dal buio alla luce e viceversa. Dobbiamo imparare a danzare tra questi cicli. Imparare a godere della luce e a riempire i vuoti. Questo ho imparato in un tempo di silenzio e isolamento in cui il tempo si è dilatato, permanendo nella sua dimensione sospesa.