I segnali di fumo di Saverio Grandi
I suoi “Segnali di fumo” accarezzano la tradizione lirica italiana dei poeti del Novecento confluita nella musica contemporanea. I suoi segmenti di parole e suoni hanno contribuito alla realizzazione di oltre 300 brani e 100 singoli. Come autore, ha venduto più di 20 milioni di copie. Parliamo di Saverio Grandi paroliere, compositore e cantautore
L’album è stato anticipato in radio dal singolo, “L’amore crede l’amore può”, scritto da Pacifico e composto da Saverio Grandi. Un brano che non parla d’amore, ma parla all’amore. Un sentimento raccontato come qualcosa che l’uomo ha dentro da sempre, come una forma di spiritualità che lo accompagna ogni giorno della sua vita e in cui può credere soprattutto nei momenti più difficili.
Parole & Suoni: tutte le puntate
“Segnali di fumo” (Pms Studio) è un album autobiografico che attraverso 9 brani racconta momenti e scelte di vita personali. Un viaggio, per certi versi anche generazionale, che riflette sui cambiamenti e sulla frenesia della routine quotidiana, soffermandosi su temi cari all’artista, come la libertà, l’amore, le responsabilità, le decisioni che cambiano la nostra vita.
Saverio Grandi ha scritto brani per e con Vasco Rossi (tra le quali “Un senso”, “Ti prendo e ti porto via” e l’ultima hit del rocker di Zocca “Una canzone d’amore buttata via”), Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Marco Mengoni, Luca Carboni, Gianni Morandi, Mango, Stadio, Raf, Alessandra Amoroso, Emma, Annalisa, Noemi, Fiorella Mannoia, Irene Grandi, Il Volo, Nek, Ornella Vanoni, Anna Tatangelo, Virginio, Chiara Galiazzo e molti altri.
Grandi è produttore degli Stadio, da “Occhi negli occhi” a “Miss Nostalgia”, per i quali ha scritto “Un giorno mi dirai”, brano vincitore del Festival di Sanremo nel 2016. Ha ricevuto anche molti riconoscimenti, come il Premio Lunezia e il Premio Siae come autore dell’anno nel 2007. Canzoni da lui composte hanno vinto due edizioni di XFactor (interpretate da Marco Mengoni e Chiara Galiazzo) e due di Amici (interpretate da Marco Carta e Virginio). Nel 1997 ha fondato la band Taglia 42, con la quale ha realizzato due album, l’omonimo “Taglia 42” e “Due”.
“Ho scelto questo titolo”, spiega, “perché stiamo vivendo un’epoca dove la comunicazione è veloce, spesso gridata, e come tale deve essere necessariamente comprensibile da tutti. Al contrario, io desideravo scrivere e cantare canzoni che raccontassero storie personali, intime come generazionali, attraverso un linguaggio che non dovesse essere per forza urlato e assimilato al primo ascolto. Da qui i segnali di fumo, un linguaggio in codice preparato con cura dai Nativi americani e inviato per essere compreso solo da chi loro desideravano”.
Saverio, partiamo dall’album
“Segnali di fumo” è un disco vero, senza troppi fronzoli e preoccupazioni commerciali, dove ho scritto solo per me, senza pensare, come spesso accade nel mestiere dell’autore, cosa poteva funzionare e cosa no. È sicuramente il mio disco più maturo e completo, c’è dentro così tanto di me e della mia vita che azzardo la definizione di onestà. Spero che in tanti si ritrovino a fare questo viaggio con me attraversando la Monument Valley che è ritratta in copertina fino ad arrivare alla pianura padana dove oggi vivo.
La Monument Valley evoca un senso di spazi aperti e tempi dilatati. Si pensi al contesto di film come “C’era una volta il West”, in cui i silenzi e le attese sono parte integrante del tessuto narrativo. Qualcosa che va in senso diametralmente opposto rispetto alla comunicazione attuale
Oggi si alza la voce. Oggi si cercano ricompense immediate. Le dinamiche comunicative attuali spingono chiunque a sentirsi in condizioni di poter die la propria su qualsiasi argomento. Si guardi alla politica, ai temi di attualità, alla pandemia. Una volta discussioni di questo tipo erano confinate al bancone del bar. Con i social, invece, chiunque può mettere in rete dei pareri nero su bianco. Ecco, le mie canzoni si propongono come un invito a rallentare, riflettere, ascoltare.
Che effetto determina questo stato delle cose nelle uscite musicali?
Si investe sempre di meno nella produzione di nuova musica. Si fa meno ricerca. Si va più che altro a caccia di artisti la cui immagine funziona, magari gruppi o singoli che emergono dai talent, a prescindere dalle loro stesse capacità di comporre musica. Per il resto, c’è auto-tune...
Come giudichi Sanremo, la cui 72esima edizione è attualmente in corso, in relazione a queste dinamiche?
Non amo molto Sanremo, perché la musica viene messa in secondo piano rispetto allo ‘show business’, alle promozioni e alle vedute della Liguria.
Fa strano sentirti dire che non ama Sanremo, visto che la sua canzone “Un giorno mi dirai” ha trionfato nel 2016.
Proprio quell’esperienza mi ha permesso di conoscere il backstage della manifestazione dove ogni concorrente “affretta la sua ora” per i suoi tre minuti quotidiani di visibilità. E poi si passa oltre, in questa specie di “circo” di cui fanno parte anche attori, tecnici, giornalisti, ballerini. Ciò, senza nulla togliere alla qualità delle canzoni in gara. Quest’anno, il parterre dei concorrenti è impressionante e combina dei nomi consolidati del panorama musicale italiano come Morandi, Ranieri, Elisa, con tanti talenti emergenti. Alla luce di questo, fatte salve le difficoltà di movimento dovute alla pandemia, forse si poteva fare qualcosa di più nella scelta degli ospiti, magari con un cast musicale all’altezza dei nomi in gara.
Cremonini ad esempio?
Tu l’hai detto, non io (ride ndr)
Il tuo rapporto con Vasco Rossi?
Ci tengo a precisare che nella mia collaborazione con Vasco i testi li scrive sempre lui, perché è lui il poeta, io non scrivo mai niente se non musiche. Sono onorato e orgoglioso di poter collaborare con Vasco, un artista a tutto tondo che è rimasto comunque nel mainstream per così tanto tempo. Questo vuol dire qualità.
di Fabio Iuliano – fonte: www.thewalkoffame.it