“Avrei voluto essere Pantani”, la storia del Pirata in scena
23 Novembre 2019 Condividi

“Avrei voluto essere Pantani”, la storia del Pirata in scena

Uno spettacolo d’inchiesta che restituisce una visione lucida della storia di Marco Pantani. Un testo che si propone come un vero e proprio atto di denuncia nei confronti del doping e del “sistema” che da anni lo incentiva e lo protegge. Un sistema fatto da medici sportivi, allenatori, istituzioni sportive e multinazionali farmaceutiche. Questa è la proposta di Spazio Rimediato che, stasera alle 21 all’Aquila, prosegue la stagione di “Tutto il superfluo necessario” con “Avrei voluto essere Pantani”.

Scritto e interpretato da Davide Tassi, con la regia di Francesca Rizzi, lo spettacolo racconta la storia del Pirata come un eroe tragico che, dopo essere giunto a livelli di popolarità che vanno oltre il ciclismo e lo sport, viene usato dalla stampa e dalle Federazioni, prima per mostrare i muscoli nei confronti di una fantomatica lotta al doping, e poi come icona da spremere fino all’ultima goccia. «Pantani vorrebbe ribellarsi», spiega Tassi, «ma non ne ha la forza e si perde nel buio della depressione e della cocaina, fino ad annientarsi. Era una persona estremamente sensibile», aggiunge, «ed è per questo che, una volta fermato, non ha saputo rialzarsi, fu accantonato, messo con le spalle al muro da quel sistema che tutto sapeva e tutto celava».

Davide Tassi in un momento dello spettacoloDavide Tassi in un momento dello spettacolo

OLTRE IL MITO. Tassi conduce lo spettatore oltre l’apparenza «oltre quella miriade di libri, articoli e trasmissioni sportive che negli ultimi 11 anni hanno cercato e cercano di orientare l’enorme massa di appassionati e tifosi verso un presunto complotto che, a loro dire, legherebbe la squalifica di Madonna di Campiglio del Giro d’Italia 1999 alla morte a Rimini nel 2004.

Un complotto che continua in ogni caso a non fornire elementi su movente e colpevoli ma che riesce comunque ad evitare che si parli di una piaga che a molti fa comodo continuare a tacere: doping e corruzione del mondo dello sport, un business che fattura quanto quello della cocaina (a cui peraltro è strettamente legato)». Accanto a Tassi, in questo percorso, c’è Sandro Donati.

Personaggio di rilevo nel mondo dello sport, prima come allenatore della Nazionale di atletica e oggi come simbolo internazionale della lotta al doping (attualmente è tecnico del marciatore Alex Schwazer). Donati ha anche collaborato alla stesura del testo e vi ha partecipato attivamente interpretando se stesso.

SUL PALCO. Tassi, invece, veste i panni di un ciclista. Uno tra i tanti incontrati e intervistati dall’autore e attore. Il protagonista della storia (di cui non si svela mai il nome) ha corso insieme a Pantani fin dai tempi dei dilettanti ed ha condiviso con il campione romagnolo tutte le stagioni sportive che lo hanno visto prima trionfare e poi eclissarsi. Poco dopo la morte di Pantani ha smesso di correre.

Oggi vive isolato, quasi emarginato; per molto tempo ha voluto ricordare solo i momenti esaltanti del ciclismo, le trasferte, le gare, i compagni e le grandi tappe del Giro d’Italia e del Tour de France, quelle in cui Pantani riusciva a riportare gli spettatori indietro nel tempo, al ciclismo più antico, più selvaggio, in cui si divorava ogni centimetro di strada come fosse l’ultimo.

Sandro DonatiSandro Donati

«Per molto tempo il protagonista anonimo», si legge nelle note di regia, «ha cercato di nascondere prima di tutto a se stesso il problema del doping. Ma dentro di sé, nel suo subconscio, c’è una parte che non dimentica, che non si cancella e che fa rumore nella sua coscienza. È come uno squillo che lo sveglia dal torpore, che gli provoca dolore e un’enormità di dubbi: sullo sport che ha praticato, sulle sue reali capacità e sui segni che il doping potrebbe aver lasciato sul suo corpo».

È un dolore che lo tormenta e che con il passare degli anni diviene insostenibile. Durante questo suo cammino interiore, ripercorre la storia di Pantani, la loro amicizia fin dai tempi dei dilettanti, le grandi imprese del Pirata, il suo essere protagonista sempre – anche quando forse sarebbe convenuto rimanere nell’ombra – gli incidenti, le vittorie, il declino e la morte.

LA QUERELLE. In passato, la famiglia di Pantani ha cercato di ricorrere al tribunale di Roma per bloccare lo spettacolo contestando l’accostamento del Pirata al doping, ma Tassi è andato avanti vincendo il ricorso: «Quello che porto in scena non lede in alcun modo l’onore di Marco Pantani, anzi. Semmai è un atto d’accusa nei confronti di un comitato d’affari che usa l’atleta per i propri fini».

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro