Perdonanza: Letta, gli altri e le colpe da “lavare”
Accidia, ignavia, superbia, peccati di omissione e persino di gola. Nel giorno di apertura della Porta Santa, il messaggio di papa Celestino V spinge in tanti a interrogarsi sul significato dell’indulgenza e sulla necessità di purificarsi da impurità piccole o grandi. Un momento di riflessione che ha spinto volti più o meno noti, tra quelli che hanno partecipato al corteo della 723esima edizione, a mettersi in gioco. «L’impegno mio personale e di tutti quelli che hanno lavorato all’Aquila nel post-sisma è stato grande, ma sicuramente ci saranno state delle omissioni da parte mia: spero che la Perdonanza mi lavi da queste colpe».
Sorride l’ex sottosegretario Gianni Letta, tornato anche quest’anno a sfilare in corteo. Un clima decisamente più disteso, rispetto alle prime edizioni dopo il terremoto, in cui lui, come molti rappresentanti istituzionali, è stato chiamato a rendere conto delle risposte del governo alle contraddizioni legate alla ricostruzione. «Il messaggio di fede, speranza e carità legato alla Perdonanza», commenta, «assume un carattere di identità cittadina». Letta fa riferimento a «un itinerario che passa attraverso e le macerie del 6 aprile e arriva ai palazzi appena ricostruiti, elemento di forza per andare avanti. Una risposta a quel dolore, alla sofferenza e alla disperazione dei primi anni, in cui tutto sembrava buio e questo alimentava le polemiche».
Una riflessione che non resta confinata alla politica. Alessandro Alessandri, giovane ingegnere e già esperto sbandieratore, fratello di Giorgio, del portavoce del sindaco, riconosce che in pochi tra le nuove generazioni hanno saputo interpretare quel messaggio di impegno in favore di una comunità ferita che trae spunto proprio dalle parole di Celestino. «Non possiamo non dare all’indulgenza celestiniana un significato che non sia da stimolo per il nostro territorio che sta vivendo uno dei momenti più delicati della sua storia», valuta il vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli». Per lui un esame di coscienza non può prescindere da un bilancio di quello che si è fatto e quello che non si è fatto. «È vero, come politici siamo abituati a guardare il bicchiere mezzo pieno», sottolinea, «ma è doveroso protendere al meglio».
Per chi, come Floro Panti, che da anni è in prima linea nell’evento celestiniano, questi giorni rappresentano un’occasione per riflettere sul tempo tolto ai propri cari. «Sono quarant’anni», ricorda, «che i giorni dedicati al papa eremita, li passo lontani da casa. Penso a mia moglie che mi sopporta». Riflessione analoga quella del consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci che si rimprovera «del tempo preso in prestito ai propri figli». Più ironiche le parole dell’onorevole Stefania Pezzopane che pure ha attribuito alla Perdonanza un’occasione di confronto su questi giorni difficili tra incendi e ricostruzione.
«Per quanto mi riguarda», scherza, «dovrei fare meno peccati di gola». Anche il primo cittadino, Pierluigi Biondi, appare di ottimo umore: «Il mio peccato più grande? Quello di non poter seguire il Toro, ma d’altra parte devo pur fare qualcosa per questa città». Proprio lo sport, nell’arco delle varie edizioni della Perdonanza moderna, ha costituito un’occasione per declinare il messaggio di Celestino. Così, Elisa Cucchiella, pilone della nazionale di rugby, reduce dai mondiali di Dublino, non ha voluto rinunciare a sfilare per le strade della sua città con la maglia delle belve neroverdi.«Il rugby, si sa è il gioco del Perdono». E poi i ragazzi dell’atletica accompagnati dall’inossidabile Corrado Fischione. Perché correre ricorda quelle ascese a cui era abituato Celestino. «Pur non essendo religioso», dice Antonio Di Giandomenico, «mi ritrovo nel messaggio di pace e fratellanza che ha dato a questo evento caratura internazionale».
di Fabio Iuliano – fonte: il Centro