Un’aquila parte dalle spalle e sulle ali è incastrata una pergamena strappata. Quello strappo indica qualcosa di non ricucibile, un segno indelebile come quello che ha lasciato il terremoto per chi lo ha vissuto. Dalla pergamena si scende fino a una bussola, concepita più che altro come un orologio: il simbolo dell’est appare capovolto a indicare un tre, mentre le lancette compongono l’orario della scossa del sei aprile. Il tutto a corredo di una scritta in inglese che dice più o meno: «Non guardare indietro, su quella strada non si fa ritorno». Spesso, i tatuaggi raccontano più di una storia. Quella di Luca Rotili che ha espresso con questi tratti e questi colori la sua voglia di andare avanti, come alpino e come aquilano, affidando la pelle della sua schiena alle mani di Alice Mazzeschi.
Ventott’anni, con alle spalle un curriculum di studi all’Accademia delle Belle arti, la giovane ha reso la sua passione per l’arte del tatuaggio una fonte di soddisfazione e guadagno, essendo riuscita dopo anni, in una stanzetta sotto casa, ad aprire un’attività. Il suo studio è ormai punto d’incontro di amici, clienti, persone che scelgono lei e le sue figure come traccia indelebile di un sentimento, un’emozione, sui loro corpi. Una storia raccontata dalla giovane film maker salernitana, Chiara Napoli, nell’ambito del progetto “L’Aquila, il mio futuro è qui”, portato avanti dal Centro sperimentale di cinematografia. Storie e ritratti di giovani dai 15 ai 30 anni i cui sogni, aspettative e ambizioni spesso fanno i conti con la realtà difficile di una terra segnata dal sisma. Lo studio di Alice si riempie di persone che parlano attraverso disegni che la macchina per tatuaggi riproduce sulla pelle, con aghi, punte e colori. La tensione prodotta dalla corrente in ingresso si traduce in un rumore costante che accompagna tutte le fasi del lavoro. Il video non ha bisogno di colonne sonore. È lo stesso rumore, che potrebbe sembrare fastidioso, ad accompagnare quasi tutte le scene. Ne sa qualcosa la giovane film maker.