24 Marzo 2019 Condividi

L’Aquila, marzo 2009: ultimo mese di normalità

Marzo 2009. Nessuno poteva immaginare che quello sarebbe stato l’ultimo mese normale di una città che, di lì a poco, avrebbe viste sconvolte la sua quotidianità e la sua storia. Il terremoto, però, all’inizio del mese, si nasconde. E la cronaca si balocca in particolare sulla politica. Curioso notare come dieci anni fa, alla vigilia del sisma, Palazzo Margherita aveva vissuto almeno due mesi e mezzo di passione scosso da una crisi nella maggioranza di centrosinistra che di fatto aveva paralizzato l’azione amministrativa.

LA POLITICA. Il 3 marzo il Centro dà notizia che la “spaccatura sta per rientrare” e che il sindaco Cialente, dopo una estenuante trattativa soprattutto con i partiti più piccoli della coalizione, sta per rifare la giunta. Dieci anni dopo lo scenario è quasi lo stesso: veleni nella maggioranza di centrodestra, un sindaco che si dimette (o finge di farlo), gestione amministrativa allo sbando proprio alla vigilia delle celebrazioni del Decennale. Ma su questo meglio stendere il classico velo pietoso. In che condizioni si presentava la città e in particolare il centro storico all’appuntamento con l’evento più devastante della sua storia recente? Oggi la pelosa retorica sulla bellezza dei palazzi, sul fascino degli angoli da romanticismo d’altri tempi, sugli scorci mozzafiato, sui cortili trasformati in teatrini, la fa da padrone. In tanti scoprono una città che – dicono – prima non si era mai vista. E in effetti dieci anni fa lo spazio urbano dell’Aquila viveva una decadenza che si evidenziava attraverso l’abbandono e il degrado diffuso. Il Centro proprio all’inizio di marzo pubblica una serie di articoli che ci danno l’idea di quello che era il centro storico cittadino nel 2009.

IL CENTRO STORICO. Il 3 marzo un “pezzo” a firma Fabio Iuliano viene titolato: “Auto e furgoni invadono le aree pedonali, parcheggio selvaggio nei vicoli e nelle aree a traffico limitato all’interno delle mura storiche”. Il testo va riproposto quasi integralmente perché ci spiega bene il livello di attenzione e cura che si aveva per “L’Aquila bella mè”. “Benvenuti nella giungla”, scriveva il collega. “Nonostante i proclami dell’amministrazione comunale – sulla necessità di pedonalizzare il centro storico – auto, camion e furgoni continuano a entrare ovunque. Non esiste vicolo – fatta eccezione per via delle Streghe – che non registri ogni giorno parcheggi e stalli di ogni tipo. Una prassi che naturalmente non risparmia le zone a traffico limitato. Ogni giungla che si rispetti ha le sue regole ataviche. All’Aquila, a fare da deterrente ai parcheggi selvaggi non sono le prescrizioni della segnaletica ma il rischio percepito degli automobilisti di prendere multe. Così, le zone a traffico limitato e le aree pedonali del centro storico vengono prese d’assalto soprattutto nelle ore serali quando gli automobilisti hanno la consapevolezza che è molto difficile incontrare un vigile, a meno che, a chiamare il Comando, non sia qualche residente. Una prassi che non risparmia neanche piazza Duomo, con molti veicoli pronti a occupare, anche al mattino, qualsiasi spazio disponibile, posteggiando pure tra una bancarella e l’altra. Il problema è evidente anche sulla parte alta di via Sallustio, dall’incrocio con via Patini fino a quello con via Camponeschi, dove è stata istituita l’area pedonale. Nonostante la segnaletica di divieto di sosta, sono molte le auto parcheggiate nella zona, di giorno e di notte. Non meno problematiche sono le aree di via Cavour e piazza San Biagio dove, malgrado il divieto di sosta, sono molti i veicoli che continuano a posteggiare. E questo in barba alla vocazione dell’Aquila come città medievale, tipo Viterbo, Orvieto e Urbino. Altro problema è quello del parcheggio creativo o meglio l’inciviltà di tanti automobilisti. Sono in molti a fermarsi sui marciapiedi, incuranti se questo possa danneggiare altri automobilisti, bloccare gli autobus del servizio pubblico, rendere pericolosi gli attraversamenti pedonali e complicare incredibilmente, se non a volte impedire, la mobilità da parte dei cittadini diversamente abili”. Poco più in basso, sulla stessa pagina, un altro titolo significativo: “Le strade sono un colabrodo sia in centro che in periferia”. Per non parlare delle polemiche (che andavano avanti da anni) sui danni indotti dalla movida (rumori fino all’alba e sporcizia ovunque) che trasformava spesso il cuore della città in un Far West. Si dirà: ma questo dipende dalla maleducazione della gente, la città e le sue magioni erano comunque splendide e ben tenute. E infatti il sei marzo, esattamente un mese prima del terremoto, il Centro titola: “Cornicioni pericolanti in tutto il centro storico, molti palazzi transennati, in alcune vie difficoltà di circolazione per pedoni e auto”. Foto e testo chiariscono la situazione. Se non ci fosse stato il terremoto, nel giro di qualche anno lo “splendido centro storico” sarebbe diventato come un viso percorso da rughe profonde e con i lineamenti stravolti. In pochi avrebbero investito per ridare ai palazzi un minimo di dignità. Poi sono arrivati i milioni dello Stato e con i soldi degli altri sono tutti bravi a ricostruire e restaurare.

CHIODI-CIALENTE. Molti ricorderanno, nel post-sisma, le feroci polemiche fra l’allora sindaco dell’Aquila Massimo Cialente e il presidente della giunta regionale – e per quasi tre anni commissario governativo per il terremoto del 2009 – Gianni Chiodi, ex sindaco di Teramo. Il 7 marzo 2009, dopo un paio di mesi in cui c’erano stati attacchi feroci, da più parti, alla “Regione che emargina L’Aquila” le cronache danno notizia di un incontro cordialissimo, nel nome di una vecchia amicizia, fra Cialente e Chiodi con il primo cittadino dell’Aquila che afferma: “Non è vero che Chiodi ci snobba”. Il sommario del titolo recitava: “Il sindaco sconfessa il presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti” il quale nei giorni precedenti aveva lanciato strali contro il governatore. In un box in basso veniva registrata una nota di soddisfazione di Giorgio De Matteis, vicepresidente (di centrodestra) del consiglio regionale che aveva fatto da “ambasciatore” per far incontrare i due in maniera ufficiale. La triangolazione Chiodi-Cialente-De Matteis continuerà dopo il terremoto – anche se nessuno dei protagonisti lo ammetterà mai – soprattutto nei primi mesi dell’emergenza e nel primissimo periodo del commissariamento. Poi “superiori” interessi politici romperanno l’idillio e lo scontro diventerà aperto. Ma questa è un’altra storia.

di Giustino Parisse – fonte: il Centro