L’appello dei commercianti aquilani: riaprite i negozi
Cammini in centro e torni a sentire i tuoi passi. Su corso Federico II non c’è quasi più nessuno. Le foto di strade piene di gente, che provocano indignazioni di massa sulle varie bacheche dei social, sembrano un ricordo lontano.
Eppure, dall’acuirsi delle restrizioni, sono passate solo 3 settimane. La zona rossa di questi giorni non è poi tanto diversa da quella che siamo stati abituati a guardare oltre le transenne nei primi anni del post-sisma. C’era allora e c’è oggi Giuseppe Colaneri (Peppe), “ La Luna” insomma, tornato in centro dal 2012.
Il suo negozio, negli ultimi anni, è in uno dei locali della Galleria Irti, pressoché vuota di questi tempi, specie di domenica. Il suo lavoro è disturbato solo dall’altoparlante dei vigili urbani che ripete all’unisono l’obbligo di mascherina e distanziamento oltre che l’invito ad uscire solo per stretta necessità. Vanno avanti e indietro per il corso con cadenza da arrotino.
«Non è certo un incoraggiamento ai clienti questo stato di cose», rimarca Colaneri. «Stiamo vivendo tempi difficilissimi. La mia attività è in piedi dal 1981 ma mai mi era capitato di lavorare un intera giornata senza battere uno scontrino, cosa che invece sta succedendo negli ultimi giorni. Però, che fare? Io ci tengo ad essere qui e continuare a lavorare anche se so che poco cambia. Trascorro il tempo a fare i cruciverba e a sanificare il locale. Ecco, il mio negozio non è stato mai così pulito».
Eppure, in quanto attività commerciale “essenziale”, la cartoleria di Colaneri ha il “privilegio” di poter restare aperta. Tanti, invece, sono i negozianti rimasti a casa dal giorno di istituzione della zona rossa. Per tutti loro, sono giorni di attesa nel tentativo di cercare di capire quello che succederà da qui in avanti. E intanto il tempo scorre.
«Siamo in una situazione delicata», commenta Alberto Capretti della Fiva Confcommercio. «I mercati possono aprire solo per la parte alimentare ma alcuni ambulanti, specie quelli che arrivano da fuori, rinunciano a lavorare». Stop forzato per tutti gli altri, anche per chi vende prodotti di categorie merceologiche che magari puoi trovare nei centri commerciali nell’arco della settimana: parliamo dei vestiti o di cd.
Ne sa qualcosa lo stesso Capretti che assiste impotente ad uscite sul mercato di cantautori come Bennato, Springsteen o Ligabue. Roberto Donatelli (Ascom) e Ugo Mastropietro (Conflavoro Pmi) continuano a chiedere a gran voce la riapertura, già a partire dal 4 dicembre. «Abbiamo degli indicatori», valuta quest’ultimo, «che ci definiscono una situazione diversa da quella di qualche settimana fa. È necessario riaprire subito per non vanificare le scelte fatte dalla Regione proprio per salvare il Natale».
Una richiesta che abbraccia anche la ristorazione. «Non siamo in condizione di lavorare» rimarca Dino Di Pompeo della Matriciana, «e per noi l’asporto non è un’opzione, le tasse invece dobbiamo pagarle tutte e così pure l’Iva e i contributi».
Disagi anche per i clienti. «Sono stato a un fai da te», scrive il dottor Daniele Millimaggi, «a prendere due tendine. Dopo la fila, arrivo alla cassa e mi bloccano dicendo che non è un bene di prima necessità. Il bello è che dietro di me c’era uno con gli addobbi di Natale (che per il Dpcm sono acquistabili). Poi venitemi a dire che dobbiamo aiutare il commercio locale».