Benvenuti: “La risata non è addomesticabile”
Una playlist con alcuni tra i migliori sketch della carriera. Questo è Pillole di me (produzione Seven Cults) in scena venerdì al Castello Orsini di Avezzano (ore 21) nell’ambito della stagione di prosa del Teatro Off. Un recital di monologhi con cui Alessandro Benvenuti si racconta attraverso il suo repertorio. Autore, attore e regista teatrale e cinematografico, si è formato nel cabaret negli anni Settanta. Nel 1972 con Paolo Nativi e Athina Cenci ha fondato il trio dei Giancattivi, storico gruppo cabarettistico toscano che ha raggiunto la fama nazionale alla fine degli anni Settanta con l’ingresso di Francesco Nuti e la conseguente partecipazione al programma televisivo Non stop. A seguito del successo di tale programma, Benvenuti ha fatto il suo esordio cinema nel 1981, dirigendo il trio nella commedia surreale Ad ovest di Paperino. Negli anni successivi ha diretto e interpretato i film Era una notte buia e tempestosa, Benvenuti in casa Gori, Zitti e mosca, Caino e caino, Belle al bar, Ivo il tardivo, Ritorno a casa Gori, I miei più cari amici e Ti spiace se bacio mamma. Ha recitato anche nelle commedie Compagni di scuola, Commedia Sexy, 13dici a tavola, Amici miei – come tutto ebbe inizio e molti altri. Negli ultimi anni è stato, inoltre, protagonista indiscusso della serie Sky I delitti del BarLume. Benvenuti è musicista per passione, lettore di audiolibri e da sempre direttore artistico di teatri. “In sintesi, mi sento sia artista che operatore culturale. Impegnato per amore della Cultura, insomma. Altro non saprei fare”, sottolinea.
Benvenuti, come nasce l’idea di Pillole di me? Cosa c’è da attendersi sul palco?
Si tratta di robe comiche, un po’ recitate, un po’ lette, per raccontare a quelle orecchie che vorranno ascoltarmi, il mio divertimento nel vivere una vita sul filo di una comicità condensata in pillole salvifiche che proteggono il cervello e sua cugina Anima, dal brutto che l’esistenza ogni giorno ci propone con sadico entusiasmo, senza che nessuno le abbia minimamente chiesto niente. Avrei potuto scrivere “cavalli di battaglia”. Molti colleghi arrivando a proporre un recital di monologhi fra i più apprezzati della loro carriera, usano quella forma lì per spiegare che cosa andrà a vedere lo spettatore. Diciamo che di questi tempi però di ‘battaglie’ ce ne sono anche troppe nel mondo che alimentano stupide, feroci, quanto inutili guerre. Così ho optato per un titolo dal sapore un po’ medicamentoso: “Pillole di me”, appunto.
Esiste un filo conduttore tra i vari sketch?
Va chiarito che più che di sketch veri e propri porto in scena piccoli momenti comici, tratti dal mio repertorio che va, prevalentemente dagli anni Novanta al 2020, ossia il periodo in cui, anche per via delle restrizioni legate alla pandemia, ho iniziato a elaborare questo recital riunendo tutti i pezzi più comici dei monologhi che ho scritto negli anni sarebbe stata una cosa interessante. Dal primo, Il Mitico 11, ai più recenti come Panico ma rosa. Ma nello spettacolo ci sono anche estratti da Me medesimo (pensato inizialmente per Bobo Rondelli e interpretato poi da Andrea Cambi). Insomma, il minimo comune denominatore è la scrittura comica. L’esperimento è partito da lì, anche grazie alla collaborazione di alcuni direttori artistici di teatro.
Il Mitico 11 è stato scritto durante gli anni novanta, da allora – e progressivamente – la scrittura comica fa i conti con il politically correct che, comunque la si pensi, vi rende il mestiere complicato. come vive questa questione, a fronte di una deriva capace di mettere in discussione anche Mary Poppins?
Non può e non deve essere un mio problema. Alcuni dei miei spettacoli come Atletico Ghiacciaia vanno a raccontare, ad esempio, uno spaccato sul calcio in un periodo a cavallo fra il ’68 al ’77 con tutte le contraddizioni del caso e tutti gli aspetti genuini di quegli ambienti. Non potrei mai “addomesticare” la mia scrittura alla presunta morale di un’epoca. L’ipersensibilità di questo momento storico non deve costringerci a edulcorare tutto. Io racconto quella storia col linguaggio degli anni Settanta. Come modificheresti le battute di Totò e Peppino? Ho un enorme rispetto per l’essere umano intelligente ma i problemi che si creano i cretini proprio non mi tangono.
Cosa la lega all’Abruzzo?
Questo territorio è sempre stato una parte importante della mia vita e del mio lavoro. Dal terremoto del 2009 ho, invece, consolidato un legame con L’Aquila che ho visitato più volte nell’immediato post-sisma. Mi sono mosso in sordina, eppure sono felice di aver potuto fare qualcosa grazie anche al progetto “Decidilo tu – Canzone per l’Abruzzo”, una sorta di controcanto alternativo a Domani di Mauro Pagani. Ci siamo costituiti in un gruppo chiamato Gli indipendenti per l’Abruzzo e ho scritto la canzone, prodotta da Arlo Bigazzi, in un lavoro collettivo insieme agli aquilani Vega’s.
di Fabio Iuliano – intervista comparsa anche su www.ilcentro.it