(L’intervista, per la versione online, è a cura di Alessandra Farro)
Una storia distopica, devastante e, soprattutto, possibile quella raccontata da Fabio Iuliano in “Lithium 48” (Aurora Edizioni 2017). Simone, blogger e musicista “alternative rock” di origini abruzzesi, vive a Parigi pochi mesi dopo il crollo delle Torri Gemelle. Da qui nella sua mente qualcosa si rompe o, forse, semplicemente diventa più intensa: si convince di essere costantemente seguito dalle telecamere finché la paranoia diventa insostenibile.
Il racconto è tratto da una storia vera?
«Ho dato la mia identità – dal modo di vestire ai gusti musicali – a un ragazzo che ha realmente vissuto quello che racconto e che, logicamente, vuole che venga rispettato il suo anonimato, ma ho lasciato che indossasse i miei panni anche perché sentivo l’’esigenza di voler raccontare anche qualcosa su di me. Mi ha raccontato la sua storia in confidenza, gli ho chiesto il permesso di raccontarla senza invadere la sua sfera personale e lui me l’ha concesso: ci siamo scritti e interrogati per anni prima di arrivare a questo libro».
Quello che succede a Simone è quello che accadrebbe se qualcuno si sentisse oggi su “The Truman Show”.
Ha condotto molte ricerche per entrare nella mente di un paranoico?
«Ho passato tanto tempo con il protagonista reale della storia e ho studiato nel dettaglio il disturbo bipolare. Poi, nel libro ci sono anche molti aneddoti, percorsi ed esperienze del mio vissuto. Sicuramente, però, per accentuare cosa succeda nella testa di una persona colpita da una fase maniacale del disturbo c’è voluto del tempo, non a caso questo romanzo l’ho scritto dopo 15 anni dal 2002. Poi, comunque, credo di aver capito come si sentisse in parte. Credo ognuno di noi abbia atteggiamenti maniacali: ad esempio è facile che dopo aver sentito parlare di una malattia, ci convinciamo di esserne affetti; e domande come: che direzione sta prendendo il mondo? sono all’ordine del giorno per tutti».