Nino D’Angelo, il poeta che non sa parlare
15 Agosto 2022 Condividi

Nino D’Angelo, il poeta che non sa parlare

«Potermi esibire in tanti luoghi magici è una bella soddisfazione, sono posti ricchi di storia, con cartelloni estivi davvero importanti. E sono contento di tornare dopo pochi mesi in quella Pescara che ha ospitato il mio primo concerto dopo la riapertura post lockdown». Nino D’Angelo prepara il suo ritorno nel capoluogo adriatico, dopo aver registrato praticamente ovunque il sold-out nei più importanti teatri della Penisola. Una situazione singolare, per uno come lui che, pur nel pieno dei successi di inizio carriera, si vedeva negati i palcoscenici, come se fosse considerato un artista di serie B. Tutt’altro. Le sue canzoni, portate al successo negli anni Ottanta e Novanta, hanno saputo e sanno ancora parlare a molte generazioni.

«Ho provato nel corso dei concerti degli ultimi mesi delle sensazioni che non provavo da anni», racconta il cantautore napoletano, «e il grande affetto che mi ha tributato il pubblico mi ha portato a decidere di passare anche l’estate in giro a suonare. Così ho fatto, continuando a portare in giro il mio progetto dal titolo Il Poeta che non sa parlare (Baldini+Castoldi), ma anche i miei grandi successi degli anni Ottanta e Novanta». L’appuntamento è per venerdì 19 agosto al Teatro D’Annunzio.

Sarà dunque un’occasione per sentirla cantare le ballate di sempre?
Porto sul palco una scaletta ricchissima, con brani cult come Senza giacca e cravatta, Jesce sole, Pop corn e patatine, Chiara, nonché alcuni brani dell’ultimo album come Voglio parlà sulo d’ammore e Cattivo penziero. Naturalmente, non può mancare Nu jeans e ‘na maglietta che quest’anno compie 40 anni. Il resto è fatto di storie, aneddoti, racconti anche dal mio libro Il Poeta che non sa parlare. Spesso vado a braccio, cercando di capire chi ho davanti.

Chi è il poeta che non sa parlare?
È una frase che mi disse una mia professoressa: «Tu sei un poeta che non sa parlare, arrivi al cuore anche se ti esprimi male». Quelle parole mi sono rimaste dentro per tutti questi anni, ma poi ho capito che avrebbero raccontato la mia vita molto meglio di tanto altro. Peraltro, la narrazione parte da un tempo in cui il diritto all’istruzione non era garantito a tutti. Io provenivo da una famiglia povera e mio padre mi ha spinto a mettermi a lavorare il primo possibile. Era convinto che non sarei mai diventato nessuno, perché nessuno raccomandava gente come noi. Me la buttava in faccia la povertà, mi diceva che mi ci dovevo abituare. Io non mi ci sono mai abituato. La povertà un conto è raccontarla e un conto è viverla, non si può spiegare. Poi, con la musica mi sono preso tante rivincite, anche coi genitori. Vuoi mettere la possibilità di acquistare loro una casa nuova? Pensare che mia madre me la chiese, proprio quando avevo deciso di comprarla. Mi ha un po’ rovinato la sorpresa.

Nella sua musica e nella sua carriera di attore, così come in questo spettacolo, convivono l’anima romantica e la vocazione sociale, con storie di vita vissuta, di difficoltà e riscatto anche per chi è costretto a rubare per sopravvivere?
Beh quest’ultimo aspetto appartiene più allo sceneggiato. Quando ho iniziato, il maestro era Mario Merola, che mi aveva detto di aver individuato in me il suo erede. Per me è importante raccontare storie di “scugnizzi” per offrire uno spaccato di tante realtà difficili.

L’album Il ragù con la guerra raccontò in maniera molto critica l’operazione in Iraq da parte di George W. Bush. Che idea si è fatto sulle tensioni di oggi a partire dalla crisi ucraina?
Non è facile rispondere, se non che la guerra è uno strumento atroce che arricchisce sempre le stesse persone, gettando tutti gli altri nella catastrofe, a partire dai più poveri. Certo, in Ucraina si è delineata una situazione dove esiste distintamente un aggressore e un popolo aggredito. Non me la sento di negare agli ucraini il diritto di difendersi.

Se pensa all’Abruzzo cosa le viene in mente?
Sicuramente alla mia casa a Pizzoferrato, dove ho visto crescere i miei figli. Poi, il fatto di avere un impresario pescarese, mi porta spesso da queste parti.

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro