L’Aquila affronta l’emergenza, molti locali chiudono
No, non è la stessa cosa guardare dalle finestre di questa città agli svilupppi delle controverse dinamiche legate al coronavirus: il senso di smarrimento non è affatto inedito per una comunità di persone chiamate già 11 anni fa a ripensare le sue giornate. Però il sisma aveva spinto una parte di città a reagire, cercando o reinventando dei momenti e luoghi di incontro per “tenere botta” tutti insieme.
Quegli stessi riferimenti che ora vengono a mancare a causa delle importanti misure di sicurezza introdotte dai nuovi Dpcm. Un’emergenza che arriva in mesi dove tutto sommato la città stava tornando a respirare, grazie anche alla nuova luce dei vicoli del centro storico. In un certo senso, quello che sta accadendo in questi giorni fa pensare alla sequenza sismica del 18 gennaio 2017, con scosse superiori al 5 di magnitudo e la neve fuori a scoraggiare chi usciva.
«Bisognerebbe studiare attentamente quello che sta vivendo la nostra gente in questi giorni», si è trovato a spiegare il professor Massimo Casacchia, già ordinario di Psichiatria. «La paura del contagio e le opportune misure di prevenzione stanno spingendo molta gente a isolarsi».
Del resto, sono molti gli appelli e gli inviti a restare a casa e limitare le uscite allo stretto necessario. «Non possiamo però trascurare le difficoltà nell’affrontare individualmente terrore e senso di smarrimento», sottolinea il professore.
Emiliano Rubbi si affretta a stigmatizzare comportamenti azzardati, come quello delle tante persone pronte a tutto pur di lasciare il Nord Italia prima della ridefinizione della zona rossa: «La collettività è un concetto che non abbiamo mai frequentato davvero. Ma dalle emergenze si esce solo tutti assieme. Ognuno facendo la sua parte».
Tra negozianti, titolari di attività di intrattenimento, ci si chiede come conciliare la necessità di rispettare le misure di sicurezza, ritenute necessarie, con quella di preservare la propria attività, in un momento che registra il crollo dei consumi. «Saranno giorni molto difficili», valuta Gianluca Ruzza, titolare di un bar a Santa Barbara. «Dovrò rivedere gli ordini con i fornitori, per evitare sprechi e perdite».
Gran parte dei gestori assicura di eseguire alla lettera le norme igieniche. Imprescindibile l’uso dei guanti in cucina. C’è chi però ha già deciso di chiudere la serranda, in via precauzionale, almeno per questa settimana. Come il bar dei Fratelli Nurzia. Ieri, l’annuncio sui social da parte di Natalia, accompagnato dagli hastag #prevenzione e #iorestoacasa. Paradossalmente, fu tra i primi a riaprire in centro dopo il sisma. «Anche noi stiamo valutando di chiudere temporaneamente», spiega Antonio Tresca, maestro di snowboard, tra i soci del Vermuttino. «Sarebbe particolarmente delicato continuare a lavorare con questo clima in cui tutti avvertiamo la necessità di tutelarci. Magari ci sarà più tempo per riscoprire la montagna».
Le discoteche dovranno chiudere fino al 3 aprile, così come i pub, anche se non c’è chiarezza. In tanti non rinunciano a fare attività all’aria aperta: Parco del Castello, Parco del Sole, fino a San Giuliano. «Molto dovrò rivedere del mio modo di vivere, in un momento in cui siamo chiamati a rinunciare a teatri e concerti», valuta Gianluca Racano, avvocato e appassionato di musica.
L’artista Piotr Hanzelewicz condivide questo smarrimento: «Tutto molto confuso. Iio lavoro anche come educatore e, con le scuole chiuse, dovrei, a rigor di ordinanza, prestare servizio a domicilio ai ragazzi assistiti. Ma come si fa a garantire la sicurezza?».
Ieri Giancarlo Gentilucci del Teatronobelperlapace di San Demetrio ha comunicato l’annullamento di uno spettacolo.
In tanti non hanno rinunciato al Vangelo della domenica. «La paura non vincerà», assicura il padre gesuita Giuseppe De Gennaro. Però le chiese si svuotano, dopo la disposizione di sospensione delle Sante messe da parte della Cei. «Per la Chiesa, è questo un momento di grande sofferenza», commenta il canonico don Daniele Pinton, rettore delle Anime Sante, «ma la comunione spirituale tra i presbiteri e le comunità loro affidate, non verrà meno. Sarà la preghiera il luogo di comunione spirituale per le comunità parrocchiali». Le celebrazioni capitolari, da domenica 15 marzo, saranno a porte chiuse e si potranno seguire sui canali web. E anche all’Aquila compaiono i post it con scritto: “Tutto andrà bene”.