“Tutto andrà bene”, l’abbraccio che mancava
“Tutto andrà bene. Così, senza nessuna ragione a sostenerlo, se non la ragione stessa. Mentre le strade si svuotano, l’angoscia ci riempie e i profeti di sventura scalzano gli arruffapopolo dai talk-show, mani anonime hanno cominciato a scrivere «Tutto andrà bene» sopra dei post-it che appiccicano sui muri, sugli alberi, sulle serrande dei negozi.
La gente passa, li vede, scuote la testa e poi continua per la sua strada, un po’ più leggera. Il web moltiplica l’effetto e rimbalza il messaggio dentro i telefonini. «Tutto andrà bene» era la frase che Gregory Peck sussurrava a Ingrid Bergman in certi filmoni ingoiati durante l’infanzia. Sono le parole che mi disse la mamma lasciandomi per la prima volta davanti al portone della scuola. Niente di che, una piccola medicina dell’anima, un integratore emotivo per le difese immunitarie.
Un placebo, forse, ma in certi momenti serve anche quello. «Tutto andrà bene» si coniuga al futuro, ma agisce subito. Sembra arrivato apposta per colmare il vuoto degli abbracci che non ci possiamo più dare. Si sa che l’idea è partita da una donna, una poetessa, talmente saggia da non far trapelare il suo nome, affinché tutti coloro che la imitano possano sentirsi parte dello stesso silenzioso esercito di rassicuratori. Qualunque firma toglierebbe forza al messaggio. In fondo basta mettere quella di John Lennon: «Alla fine tutto andrà bene. E se non va bene, significa che non è ancora la fine»”
di Massimo Gramellini – fonte: Il caffè, l’abbraccio che mancava