Le donne del sisma: “Noi non ce ne andremo”
L’antico telaio di nonna Assunta, ora nelle mani della nipote che ha ereditato il suo nome e l’arte della tessitura. Le tante battaglie di Antonietta per dar voce a chi l’ha persa quella notte maledetta di nove anni fa. Patrizia e i suoi racconti di montagna; Valentina e le sue reti della solidarietà. Campotosto, Ussita, L’Aquila, tutte aree del centro Italia colpite dal sisma fanno da sfondo alla storia di queste quattro donne che hanno scelto di restare e di resistere così come i personaggi di “Io non c’ero” del libro di Giuseppe Tomei (Aurora edizioni), ispirato alle vicende del 6 aprile 2009 e a questo tempo indefinito della ricostruzione.
“Io prometto”, il lungometraggio documentario, che verrà presentato martedì prossimo in anteprima all’ateneo aquilano, ruota attorno alle vicende delle quattro protagoniste, alle loro forme di resistenza quotidiana, alle loro memorie, alle loro amicizie; come hanno reagito e continuano a reagire alla tragedia, perché hanno deciso di restare, come hanno lottato e continuano a lottare ogni giorno. Inoltre, verrà raccontato come hanno creato reti di solidarietà tra i paesi e le città colpite dai sismi, come hanno potenziato un sistema di relazioni attraverso incontri, raccolte fondi, dibattiti. Esperienze che sono nate anni fa o solamente negli ultimi mesi, ma che tutte sono in continuo divenire. Quattro donne e una promessa, quella di restare nella propria terra nonostante i grandi cambiamenti e perdite causate dal terremoto.
Il documentario, prodotto e diretto da Cecilia Fasciani, è stato finanziato grazie a una campagna di crowdfunding, conclusa lo scorso gennaio sulla piattaforma Produzioni dal basso. Nella fase delle riprese i giovani filmmaker si sono spostati a bordo di un camper tra L’Aquila, Ussita e Campotosto per raccogliere ed ascoltare le storie delle protagoniste. Una squadra giovane e di qualità, formata dal direttore della fotografia Giovanni Fania, l’operatrice di ripresa Valérie Hubert, il tecnico del suono Giovanni Sfarra, l’assistente alla produzione Matteo Mabilia. Nella fase di postproduzione il team è stato scelto tra professionisti del settore dalla lunga esperienza cinematografica: Fabio Bianchini l’editor, Enrico D’Amico il musicista, Simonluca Laitempergher il sound mixer, Alberto Vidmar il colorist, Mirko Monti l’animatore, Sasha Ricci Rovatti la grafica e Joanna Meg Kennedy l’illustratrice.
L’appuntamento per la prima è martedì alle 18, nell’aula magna del dipartimento di Scienze umane dell’ateneo. A dialogare con il pubblico, oltre alle protagoniste e allo staff del documentario ci saranno: la rettrice Paola Inverardi e i professori Massimo Fusillo ed Emiliano Dante. Quest’ultimo è anche regista e documentarista. Storie esemplari e accattivanti come quella di Assunta Perilli, la cui bottega nacque dopo il ritrovamento dell’antico telaio in legno. Dopo essersi conquistata la fiducia delle donne anziane del suo paese, Campotosto, ha imparato da loro l’arte del mestiere della tessitura di alta montagna, fondando la “Fonte della tessitura”. Antonietta Centofanti, rappresentate del Comitato familiari delle vittime della Casa dello studente, si è battuta nei diversi processi che riguardavano la cittadinanza tutta negli anni post sisma, così come nelle numerosissime lotte cittadine per una ricostruzione trasparente e dal basso. Patrizia Vita, imprenditrice, aveva un Bed&Breakfast nella sua casa dal nome “La casa dell’Ortigiana”, dalla fusione dei nomi di “orto” e “artigiana”. Le piaceva ospitare persone che amassero la condivisione degli spazi, lo stare insieme, la natura e in particolare la montagna. Dal terremoto del 30 ottobre 2016 la struttura non esiste più, ma Patrizia c’è ancora.
«Non lasceremo mai sola questa terra. Qui mi sento a casa, e possiamo ricostruire questo posto nel migliore dei modi possibili, insieme», ha detto più volte. Valentina Valleriani, infine, è stata ed è sempre in prima fila con le sue “compagne di strada” per la costruzione di “progetti altri” e “reti di solidarietà”. Tante lotte per portarli avanti e ottenere finalmente uno spazio per la sede della Casa delle Donne dell’Aquila. «Anche la necessità di un bisogno può diventare aspirazione, nel momento in cui si presenta», racconta alle telecamere, «e io continuerò a portare avanti il mio impegno, con le altre donne di questa città».