L’Aquila, cinquecento ritratti per r-esistere
“Life”. Vita. Attimi, smorfie del viso, ricordi, parole che scivolano dal silenzio. Oggetti. Ben cinquecento. Ognuno a raccontare una passione, un progetto, oppure solo la voglia di guardare avanti, oltre quella notte. «Sei aprile 2009, una data che ha cambiato non solo la mia vita ma anche quella di coloro che, come me, hanno vissuto l’esperienza del terremoto. Sogni, progetti, quotidianità, sono mutati», scrive il giovane fotografo Federico Luzi, a proposito del suo progetto “La casa è dove qualcuno ci ricorda”. Cinquecento ritratti, realizzati nei mesi del post-sisma, per raccontare altrettante storie.
«Nel 2009», racconta, «ero un semplice appassionato di fotografia e non possedevo competenze specifiche in materia. Ero però già fortemente affascinato dalla forza e dalla potenza comunicativa delle immagini capaci di “parlare” senza “spiegare”. Decisi di affidare agli scatti della mia macchina fotografica il difficile compito di raccontare la personalità di 500 persone che accettarono di farsi fotografare con un oggetto che le rappresentasse, un oggetto che, in un momento in cui l’attenzione dei media era concentrata maggiormente sulle questioni politiche, tecniche e giudiziarie, racchiudeva forse l’unica certezza e un’àncora sicura per ricordare il passato e immaginare un futuro». Detto fatto.
«Lanciai questa proposta sui social», aggiunge, «e rimasi stupito dal forte interesse con il quale le persone lo accolsero, decisi una location, casa di mia nonna non agibile classificata E». Centinaia di persone bussarono alla porte di nonna Carmela per accomodarsi su una sedia in vimini blu, davanti agli obiettivi di Luzi. Cantautori, blogger, artisti grafici, tatuatori, docenti, ma anche semplici sognatori hanno risposto all’appello. «Ho ascoltato i loro discorsi e mi sono appassionato a tante storie», prosegue il fotografo 30enne che in queste ore ha allestito una mostra nel suo spazio espositivo allestito all’interno di Palazzo Cappa Cappelli, in corso Vittorio Emanuele, a due passi da piazza Duomo. La mostra sarà aperta al pubblico a partire da oggi, ogni giorno per un mese dalle 18 alle 23. Passioni differenti, modi di vita distanti, idee politiche a volte contrastanti. Giovani e meno giovani. Italiani, stranieri, lavoratori e persone in cerca di un’occupazione.
Tanti volti, tutti ritratti in gradazioni di grigio, con l’oggetto del cuore posto a favore delle lenti. Il mappamondo di Giuliana – la prima a farsi ritrarre – il pennello di Paola, la giacca di Alessandra, la chitarra di Francesco “Noce”, la pioggia di caffè sul volto di Chiara, in omaggio allo “Sweet sweet way”, l’attività di famiglia.
Ci sono anche dei giornalisti, come Francesco Paolucci, Roberto Ciuffini (munito di vinile di Marvin Gaye) e Diego “Zoro” Bianchi che all’epoca delle carriole si faceva vedere spesso in città. «Seguivo i suoi programmi», sottolinea Federico, «perché mi ha sempre appassionato quello che faceva. È stata una bella sorpresa quando, spontaneamente, ha risposto al mio annuncio per farsi ritrarre». Del mosaico fanno parte anche le bolle di sapone di Aurora. «È il suo modo di abitare i sogni».
Tra i ritratti c’è anche quello di un’affascinante ballerina con in mano una delle sue décolleté, mentre in un altro scatto si vede una giovane che, anziché scegliere un oggetto, ha chiesto a sua nonna di comparire insieme nella foto. E poi i gemelli parrucchieri con tanto di “ferri” del mestiere. Luzi ha collaborato con Renato Hunto, un writer di fama europea. Si è formato all’Accademia di Belle Arti all’Aquila, ma anche all’istituto Bellas artes grafica di Valencia e all’Isfci Roma, scuola professionale di fotografia. Frame Photography Studio, è questo il nome del suo spazio espositivo, fa parte del 70200 Collective Studio, un gruppo di professionisti del settore dell’immagine e della comunicazione.