Erri De Luca: se volete contestare fatelo cantando
«Facciamo un interplay», annuncia Fresu parlando alla platea dell’Auditorium del Parco del castello. Il trombettista, direttore artistico della kermesse per Amatrice e L’Aquila, invita i suoi ospiti a una interazione spontanea che si regge sull’influenza reciproca. Niente strumenti però: si ride, si scherza, ci si confronta e si riflette. Un confronto niente male, quando attorno al tavolo sono seduti Erri De Luca, Giuseppe Laterza, Valerio Mastandrea e Vittorio Nocenzi, uno dei fondatori del Banco del Mutuo soccorso. Si ride, si scherza ma si riflette sull’arte, sulla cultura e sul pensiero sociale e politico, in uno dei momenti più delicati della storia della nostra Penisola. Il jazz, del resto, è la musica degli incontri. De Luca parla della musica, come un mezzo che ha la capacità «di trasformare le parole con le note, un’opera di ingegno che resiste alla censura».
Lo scrittore ne sa qualcosa: si è appena messo alle spalle due anni di guai giudiziari per quel suo “sabotare” indirizzato alla Tav. «Quando ero giovane», ricorda pensando a “Contessa”, «si cantava di scendere in piazza dai campi e dalle officine e affossare il sistema a suon di falce e martello. Lo si poteva fare perché c’era la musica. Per questo dico: se volete criticare qualcosa, fatelo cantando». Ironia, dialogo, dialettica, contestazione, anche a difesa dei diritti fondamentali. «La Costituzione incarna tutte le nostre libertà», incalza De Luca, «è scritta sul sangue di gente che veniva da 23 anni di esilio, imprigionamento e censura. Chi tocca il testo costituzionale, tocca le nostre libertà». Opinioni a confronto, sul passato e sul presente. «La gente non è più abituata a confrontarsi. Ha ragione chi strilla più forte. Invece dobbiamo allargare il nostro orizzonte che sta lì a dirci quanto sia importante camminare», spiega Nocenzi. Si parla di terremoto, della vera emergenza della nostra terra «quanto qui invece si spendono soldi per comprare aerei da guerra. Ci si difende dall’alto, invece il nostro nemico ci attacca da sotto». (fab.i.)