28 Agosto 2016 Condividi

Il caldo, il freddo, la paura tra le tende di Amatrice

«Mi chiamo Emanuele, vi mando questi giocattoli e spero che stiate bene, i pelusc (lui lo scrive così) sono per le femmine. Volevo venire, ma mamma ha detto no perché sono piccolo. Ho otto anni. Un abbraccio da Nocera».
Al campo della Croce rossa allestito all’ingresso di Amatrice arriva di tutto. La scelta della Protezione civile di limitare l’ingresso di nuovi aiuti, soprattutto generi di prima necessità, per evitare l’accumularsi di prodotti e alimenti “non necessari”, non ha impedito a Emanuele di far girare i suoi giochini tra i bimbi delle tendopoli in allestimento. C’è tanto da fare, ma le forze in campo sono molte. I gruppi regionali si fanno carico di un’area e lavorano in autonomia, sotto il coordinamento della Protezione civile nazionale. A ora di pranzo non si fa fatica a rimediare un piatto di pasta. Attilio Cochi e Luciana Baccari si guadagnano una panchina. Uniti da cinquant’anni di matrimonio e dalle ultime due notti all’addiaccio. «Quanta paura a restare qui, ma dove altro possiamo andare?», dice l’anziano marito.

Poco più avanti un’altra coppia sulla settantina, Renato e Pasqualina Monti. Sette anni fa si trovarono a ospitare ad Amatrice parenti e amici originari dell’Aquilano (Coppito e Montereale). Oggi la situazione si capovolge. «Non abbiamo più niente, siamo riusciti a salvare poco della nostra abitazione», spiegano, «ma adesso quello che conta è essere vivi, e per questo dobbiamo ringraziare Sant’Emidio. Possiamo guardare avanti, anche se ci aspettano mesi, forse anni difficili». Gli occhi del signor Renato non nascondono il timore di non poter rientrare mai più nella propria abitazione, ma la sua voce dà sicurezza alla moglie. «Per noi è importante che si faccia qualcosa subito per salvare il nostro paese».


A distribuire i pasti, in un angolo della via principale, c’è anche Ledo, un giovane di origine macedone arrivato da Ascoli un paio d’ore dopo la scossa. Prima di collaborare a ristorazione e logistica si è messo a scavare. «Era già l’alba quando sono arrivato e tanti prima di me avevano raggiunto Amatrice», spiega. «Ma mi sono dato da fare sin da subito e ho aiutato le squadre di soccorso a tirare fuori la gente da quelle case». I campi in allestimento non sono grandi. In termini numerici, la risposta da dare subito non supera qualche migliaio di persone, molti i turisti già tornati a casa per scrollarsi di dosso la polvere e l’incubo.

«Eravamo appena tornati a Roma e siamo dovuti rientrare qui di corsa», sottolinea Mario Nanni, sulla strada verso la tendopoli in allestimento all’interno del complesso “Lo Scoiattolo”. Al suo fianco, la compagna Simona Valles. «I miei genitori sono salvi per miracolo. Mio padre è originario di Magliano de’ Marsi. La casa di famiglia si è sbriciolata e hanno avuto giusto il tempo di uscire. Non siamo riusciti a recuperare nulla. Adesso abbiamo paura dell’incertezza che la nostra gente resti nelle tende a lungo. L’inverno arriva presto e l’escursione termica si fa sentire».

L’autunno è alle porte. Non resterà a lungo qui Rita Del Re, un’anziana in sedia a rotelle. È ferma all’ingresso di una tenda in attesa che sua figlia si svegli. «Voglio farmi portare a Roma, in qualche centro di assistenza», spiega. «Così mia figlia è libera di muoversi». Sono tanti i bambini che corrono nella tensostruttura dove si mangia. «Ho tre figli, mia cognata altrettanti», racconta Sara Pettinari, «sarà dura per loro dimenticare questi giorni». Una tragedia che si ripete negli anni. Giuseppina Sciarra ricorda ancora il terremoto del 1950. «Ma stavolta è andata peggio», dice con la voce che le trema.

di Fabio Iuliano: fonte il Centro