Gino Paoli: col jazz teniamo vivo il fuoco dell’Aquila
Compare sul palco sulle note soffuse che escono dal pianoforte di Danilo Rea e inizia a cantare, quasi sottovoce, la sua “Sapore di sale” davanti a una piazza gremita. Quasi una dissolvenza incrociata con le ultime battute di Enrico Rava. Gino Paoli ritrova così il pubblico aquilano che lo ha sempre sostenuto, nel concerto simbolo della maratona jazz, un evento ideato per tenere alti i riflettori sulla ricostruzione aquilana. Paoli canta la Gatta e il Cielo in una stanza e lascia ai Doctor 3 la facoltà di improvvisare sulle note di Bocca di rosa, del suo concittadino Fabrizio De Andrè. Piazza Duomo sogna con Paoli, in una notte dove non c’è spazio per la polemica legata alle ragioni che hanno portato al suo addio alla Siae, ente che ha sostenuto l’organizzazione della kermese.Paoli, tre anni fa lei dedicò all’Aquila uno spettacolo di beneficenza all’Auditorium della Guardia di finanza. Domenica è tornato in centro accolto dall’applauso di decine di migliaia di persone. Che sensazioni ha avuto sul palco?
«È sempre una grande emozione. Mettere a disposizione la musica per eventi come questi e avere un pubblico così partecipe riempie il cuore di gioia».
La musica sempre vicina alle tragedie del nostro tempo. La canzone “Domani”, le musiciste per l’Abruzzo in prima linea, ora anche il jazz. Forse la musica è davvero il veicolo più rapido e immediato per far comprendere la gravità di una situazione come L’Aquila?
«Essendo stato all’Aquila non tanto tempo fa ho potuto constatare in prima persona che quello che è accaduto è un disastro ancora oggi. Quindi mi auguro vivamente che il nostro contributo fatto di musica, quindi di emozione ma soprattutto di attenzione, possa aiutare L’Aquila e gli aquilani».
Quanto sono importanti manifestazioni come quella di domenica per la rinascita dell’Aquila?
«L’Aquila ha purtroppo subìto una devastazione assurda. La città fa ancora i conti con i problemi enormi che ancora persistono e a distanza di sei anni l’attenzione verso la città e la sua ricostruzione è calata molto. Il concerto di domenica è servito ad accendere i riflettori di nuovo su una città e sui suoi problemi che non vanno dimenticati».
La collaborazione con Danilo Rea ci ha regalato degli arrangiamenti inediti delle sue canzoni che hanno fatto sognare milioni di italiani per anni. Ma quanto è difficile fare i conti col jazz, un genere fatto di improvvisazione e rischio?
«La collaborazione con Danilo non è stata cercata ma è nata da un incontro e da un’alchimia che raramente capita nella vita. Questo fa sì che improvvisare sul palco suonando e cantando in totale libertà ci porta a divertirci tantissimo. Il jazz ci aiuta a non avere scalette già definite prima del concerto. Improvvisiamo a seconda dell’umore del momento e così anche il modo di interpretare ogni brano cambia da sera a sera».