3 Aprile 2014 Condividi

Discarica Bussi: indagini su tutto il litorale

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PESCARA. Striscioni, cartelli e tute da lavoro davanti alla sede dell’assessorato regionale alla Sanità, in piazza Alessandrini. Un sit-in sostenuto dal Forum abruzzese dei Movimenti per l’acqua, nell’ambito della campagna “Stop biocidio”, convocato per chiedere un’indagine epidemiologica approfondita, nonché l’avvio di un vasto monitoraggio sull’ambiente e sulla catena alimentare, per indagare sulle conseguenze sanitarie dell’esposizione ai contaminanti provenienti dalla discarica di Bussi. Un problema che, come è noto, potrebbe coinvolgere centinaia di migliaia di persone. Gli ambientalisti fanno riferimento alla relazione dell’Istituto superiore di sanità sulla megadiscarica dei veleni, nel ribadire la preoccupazione di fronte a valori medio alti di mercurio che furono rintracciati nei prodotti alimentari vegetali nel 1981, come mercurio fu trovato in uno studio del 1972 nei pesci e nei capelli dei pescatori a Pescara. Si parla di valori all’epoca superiori alla norma di 4,5 volte per i pesci e di 14 sugli esseri umani. Nello studio del 1981, sui vegetali coltivati in prossimità del fiume, grano, vite e olivo, furono invece riscontrati valori «medio alti». Alla luce di questo, si chiede «un monitoraggio ambientale a tappeto e di un’indagine epidemiologica approfondita nella Valpescara, Chieti, Pescara, Montesilvano e Francavilla inclusi». Gli attivisti ritengono incredibile che ancora oggi manchi tale strumento fondamentale per capire se esistono malattie direttamente riconducibili alla drammatica situazione del polo chimico ex Montedison. «L’aspetto incredibile della vicenda», spiega Augusto De Sanctis (ex Wwf), «è che il nostro Forum aveva già realizzato lo stesso sit-in nel 2008, rimanendo per un giorno e una notte davanti all’assessorato alla Sanità, quando si avviò un tavolo di lavoro che subito naufragò. Da allora il governo regionale non ha neanche istituito il registro dei tumori e di altre malattie che possono essere determinate dall’esposizione a sostanze tossiche e cancerogene, come accaduto con l’acqua data a 700mila persone, neonati e donne incinte compresi».

Ricordando il primo studio epidemiologico preliminare realizzato dall’Agenzia sanitaria regionale nel 2012, ma «tenuto nel cassetto e diffuso solo grazie al Forum», gli attivisti chiedono a tutte le Istituzioni, a partire dalla Regione e dai Comuni, «la massima collaborazione affinchè i quattro punti richiesti siano siano realizzati immediatamente». La campagna “Stop-Biocidio”, nata in Campania per protestare contro lo stato di contaminazione diffusa nella “terra dei fuochi”, è condotta in Abruzzo da una serie di organizzazioni e movimenti, tra cui Zona 22, Cobas, Unione sindacale di base, Abruzzo Social Forum e Assemblea Ambiente, oltre a Forum Acqua.

di Fabio Iuliano – fonte il Centro