17 Giugno 2009 Condividi

Parla la nonna del sisma: così la terra tremò nel ’15

TUSSIO (L’AQUILA) – Sono pochi quelli che si ricordano il terremoto del 1915 che colpì la provincia dell’Aquila, in particolar modo il bacino di Avezzano, con ripercussioni anche sul capoluogo, e che causò oltre 30 mila vittime. All’epoca, Pia Maria Loreta Carosi – conosciuta in tutto il paese come zia Pia – aveva nove anni, oggi ne ha quasi 103. Nata l’8 settembre del 1906, non ha mai lasciato il paese natale, neanche nei tempi difficili a cavallo dalle due guerre, quando tutta la famiglia viveva comprando e vendendo sale, facendo spola tra Tussio e L’Aquila. Quattro ore ad andare e quattro ore a tornare, in un carretto trainato da un mulo.

 “Mio padre – racconta zia Pia – nascondeva dei pacchi di pasta tra un sacchetto di sale e l’altro per dare a tutti noi la possibilità di mangiare un po’ di più”. Del terremoto del 1915 è rimasta la grande paura nell’avvertire la scossa. Nella mente di zia Pia, però, i ricordi di quel terremoto si confondono con quelli della guerra italo-turca che fu combattuta in quegli anni per la conquista della Tripolitania e della Cirenaica. “Ebbi paura – ricorda in ogni caso – mio padre ci fece uscire di casa e rimanemmo fuori tutta la notte”. Nella notte di lunedì 6 aprile è stato diverso. La scossa, per quanto forte, non ha spaventato la vecchietta più di tanto che è rimasta a dormire, quasi come si trattasse di una specie di sogno.

“Fosse stato per lei sarebbe rimasta a dormire – dicono i nipoti nella tendopoli di Tussio – e avrebbe continuato a fare la vita di sempre senza neanche pensarci a lasciare casa”. Una vita semplice, scandita dal ritmo delle faccende di casa. Dal rubinetto dell’acqua. Dal rumore delle pagine del quotidiano locale che lei ama sfogliare tutti i giorni. Per molte persone anziane i ricordi si fermano al terremoto del 1952, una scossa più debole, ma abbastanza da costringere le persone ad uscire di casa per diverse ore.

“Ci radunammo tutti a via Sallustio – racconta Armando Cococcetta dalla tendopoli di piazza D’Armi – in una zona al riparo che avevamo chiamato ‘ju spallato'”. Qualcuno invece ricorda la paura che i propri genitori avevano dopo il sisma del 1915. “All’epoca – racconta Luigi Massacesi – mio padre viveva ad Onna. Tutta la sua famiglia era alloggiata in un casello nei pressi della strada principale che si affaccia a Paganica. Videro la trave che si muoveva avanti e dietro e la costruzione aprirsi e chiudersi a fisarmonica”. Uno choc pari solo a quello della guerra.

“L’abitato di Onna – aggiunge Massacesi – fu teatro di un eccidio nazista in cui morirono 17 persone. Mio padre era lì e si salvò per miracolo, come non lo so, perché non ho mai avuto il coraggio a chiederglielo. Negli anni a seguire – conclude – gli abitanti del posto erano tanto suggestionati dall’esperienza della guerra che quando in un cinegiornale all’Aquila fecero vedere delle immagini di soldati tedeschi, una persona sparò allo schermo”.

di Fabio Iuliano – Ansa