La piccola città che non c’è più
28 Aprile 2009 Condividi

La piccola città che non c’è più

di Fabio Iuliano

L’AQUILA. Sono passati solo pochi giorni dalla notte di lunedì 6 aprile, ma per chi attraversa il centro storico sembra passato un secolo. Fino a sabato sera, complici le temperature primaverili, corso Vittorio Emanuele e corso Federico II brulicavano di gente che passeggiava. Ora per le strade quasi deserte si vede solo qualche vigile, un gruppo di guardie forestali e alcuni fotografi che girano tra le rovine muniti anche loro di elmetti in testa.

Lo scenario di una città fantasma. Un osservatore distratto che arriva alla Fontana Luminosa non noterebbe la differenza tra il prima e il dopo, se non fosse per le macchine parcheggiate alla buona davanti al Castello e qualche lesione superficiale. Basta però addentrarsi di qualche metro all’interno del centro storico, per avere l’impressione di camminare in un set di un film del dopoguerra. Un cordone di poliziotti, controlla l’accesso al corso. Per entrare bisogna aggirare il blocco. A questo punto le alternative sono tre: via Castello, via Camarda o via della Genca. Prima, queste due viuzze ospitavano decine di studenti. Li vedevi affacciarsi alla finestra con il libro in mano, con lo stereo puntato su Virgin Radio.

Ora si sente solo il rumore di calcinacci e tegole che si muovono alla prima bava di vento. I vicoli che danno sul corso, il cui accesso non è interrotto dalle macerie si contano con le dita di una mano. Quella piccola giungla di strade e stradine che ospitava questo o quel ristorante dove trascorrere una serata alternativa. Ripiombi sul corso passando per piazza Regina Margherita, e ripensi a tutte le notti passate all’aperto sorseggiando un bicchiere di Montepulciano. E poi il corso, i negozi che non aprivano mai il lunedì mattina e quelli che intrattenevano i clienti con battute”all’aquilana”. Le vetrine di Intimissimi, il bar Eden, il negozio della Benetton che già aveva preso il posto del cinema Rex. Tutto questo non esiste più. I manichini sono a terra e finestre e cornici continuano a crollare.

Fino alla scorsa settimana, a corso Umberto le auto spuntavano da ogni parte facendo lo slalom tra i pedoni. Nessuna amministrazione comunale era mai riuscita a ridurre l’accesso dei veicoli al centro, neanche nelle zone a traffico limitato. Adesso, le uniche auto che vedi in giro sono quelle dei mezzi di soccorso, le altre sono sepolte tra i detriti. Il centro si sviluppa su una croce. Da una parte c’è la villa Comunale, in mezzo i quattro cantoni, dall’altra il Castello, ai due lati piazza San Pietro e piazza San Bernardino. La chiesa del santo avrebbe dovuto ospitare tutti i convegni della Settimana nazionale liturgica. Un evento religioso che avrebbe finalmente amplificato il messaggio della Perdonanza. Ma ora tutti e tre i punti di riferimento di quella manifestazione (oltre San Bernardino anche Collemaggio e il Duomo), in programma per il prossimo agosto, sono inagibili.

La chiesa di Collemaggio ha perso la copertura della parte absidale e la Cattedrale che, sarebbe stata restaurata di lì a poco, presenta vari danni strutturali. Per non parlare della chiesa adiacente di Santa Maria del Suffragio, meglio conosciuta come chiesa delle Anime Sante che ha registrato numerosi crolli strutturali, specie nella cupola restaurata di recente. Proprio nel 2003, infatti, esattamente trecento anni e un giorno dopo l’altro terribile terremoto del 1703, un fulmine aveva colpito la parte alta della cupola, rendendo necessario l’intervento di restauro. Ora bisognerà ricominciare da capo. In visita ieri all’Aquila, il presidente Berlusconi si è mostrato molto preoccupato per l’entità dei danni, il cui costo complessivo supera ben oltre le stime di questi giorni. La città delle 99 chiese, ma anche la città della”movida” studentesca, con vie e piazze dove tirare fino all’alba con chitarra e bonghetti. I punti di ritrovo per i più giovani erano via Sassa, via Roio, piazza San Biagio.

In questa zona apriva un locale dopo l’altro. Qualcuno sceglieva un posto fisso dove passare la serata, altri preferivano scambiare chiacchiere e numeri di telefono per strada, o seduti sulle panchine di piazza San Pietro. Proprio in quella piazza, la chiesa principale aveva ai piedi due leoni di pietra, dalla criniera quasi consumata. E poi le sedi istituzionali, la Camera di Commercio, il palazzo Carli, palazzo Margherita e palazzo Selli, la fontana delle 99 Cannelle. Tutti nomi che rischiano di finire dimenticati. Per non parlare di piazza della Repubblica, sommersa dai detriti del palazzo della Prefettura e dai pezzi di cornicione del Sant’Agostino. E c’è il cinema Massimo, con parte della facciata danneggiata da cui spunta una locandina ormai vecchia. Le polemiche delle scorse settimane sulla locazione della sala sono sepolte con le macerie. Il terremoto ha rubato il cuore all’Aquila, mettendovi al posto una croce. La stessa croce che ora è a terra, davanti la cattedrale, appoggiata al portone che riproduce i santi aquilani.