L’Aquila, negozi del centro storico vuoti dopo l’estate
Piange nel mio cuore come piove sulla città: quando i versi di Verlaine sembrano sovrapporsi alle scene di un centro storico ancora senza identità. Le gocce timide di inizio ottobre, le transenne divelte alle porte di piazza Duomo. I passi di due ragazze si confondono nel rumore dei cantieri in lontananza. I turisti sono spariti. Anzi no. Un gruppo di tedeschi si ferma incuriosito alla vetrina della Camoscina, negozietto di alimentari e prodotti tipici.
Vito Laterza, il titolare, accenna un timido «prego» per farli entrare. Non lo sentono o fanno finta di non sentirlo e proseguono oltre. «Le cose non vanno molto bene», spiega. «Per carità, in estate abbiamo lavorato. Rispetto all’anno scorso sono stati molti i visitatori. Ma adesso l’aria è cambiata e sarà dura tirare fino alle prossime feste comandate». Laterza, 62 anni, originario della Puglia, è uno dei pochi pionieri di un centro storico dove per contare le attività commerciali, esclusi pub e ristoranti, bastano ancora le dita di due mani.
Un dato poco incoraggiante se si pensa che prima del sisma almeno 900 negozi erano registrati tra la villa comunale e la Fontana luminosa. Del resto, le condizioni per il reinsediamento sono tutt’altro che facili. Primo nodo da sciogliere è legato alle presenze in centro. Da giugno fino a settembre sono state circa 40mila le presenze turistiche registrate in città. In termini percentuali, ciò equivale a un 30% in più rispetto al flusso registrato lo scorso anno. Un dato senz’altro confortante, quello certificato dall’assessorato al Turismo. Ma dall’inizio della stagione fredda le condizioni cambiano e lo scenario che appare in questi giorni è meno confortante.
«Da lunedì ho venduto pochissimo perché qui il passaggio è scarso», spiega Laterza mentre parla appoggiato a scaffali pieni di salumi e formaggi. «Sarà un affanno per tutti noi che facciamo i conti con tasse e caro affitti». Il suo negozio era situato all’interno della galleria Irti, ma come altri ha dovuto trovare un’alternativa alla svelta una volta partito il cantiere. Per un locale di pochi metri quadri ci servono anche 2.000 euro al mese. Magari il proprietario ti chiede tre mesi anticipati e la caparra e quindi per partire non bastano 6mila euro. Questa cosa ha spinto i commercianti a chiedere agevolazioni al Comune, magari anche l’esenzione dall’Imu. Nessuna risposta.
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«Tocca anche farci promozione da soli», valuta Peppe Colaneri della vicina cartolibreria La Luna. «Noi e l’associazione che gestisce il Welcome point ci siamo dovuti autotassare per far realizzare una nuova piantina del centro storico». Le cose vanno e non vanno e c’è da rimanere aperti tutti i giorni per sbarcare il lunario. Tasse, bollette da pagare, fornitori. Le scadenze non perdonano. Dall’altro capo del centro sembra andare un po’ meglio.
L’area compresa tra la Fontana luminosa, via Garibaldi e piazza Regina Margherita registra movimenti maggiori, ma guai ad abbassare la guardia. Lo sa bene Mario Piemonte, tabaccaio trasferitosi da Salerno all’Aquila – ma non è una questione di affari bensì d’amore – e ogni mese deve inventarsi vetrine e nuovi allestimenti. «Il centro deve essere servito», osserva la farmacistaAnnalisa Fanini. «Ci vogliono parcheggi di scambio, ci vogliono incentivi da parte del Comune. Altrimenti farebbero bene a mettere una scritta “tutto chiuso, arrivederci alla prossima”».
Ma c’è chi, in centro, ha ritrovato i suoi clienti pre-sisma, grazie a una tradizione consolidata, nell’ambito degli strumenti musicali. «Ci troviamo bene qui», commentano Carlo Romano e Antonella Scarsella. «Anche se il sisma ci ha costretti a riaprire in locali più piccoli». E anche Marta Sista, da poco tornata in centro, può vantare un buon riavvio.