L’Aquila, trappole e disservizi: studenti abbandonati
Alle 12.30 la fermata dell’autobus del piazzale della stazione è deserta. Niente pensiline a fare ombra, il colpo di coda dell’estate si fa sentire anche all’Aquila. Su dei fogli bianchi sbiaditi c’è scritto come raggiungere i tre poli universitari: per i dipartimenti di Coppito i bus della linea 2, per Roio lo storico M11. Gli orari possono coincidere o non coincidere e per interpretarli ci vuole un corso di studi a parte. A volte, la cosa migliore che puoi fare è prendere il primo che sbuca su viale della Croce Rossa e da lì seguire il flusso delle linee principali.
Lo sa bene Irene Franceschini, al primo anno del corso magistrale in Scienze Chimiche. «Per me che vengo da Rieti è un disastro completo: le coincidenze con i treni non esistono e anche Coppito diventa una meta proibitiva alcuni giorni», spiega mentre sale sul bus dell’Ama fino alla fine di via Vicentini, nella speranza di montare al volo sulla prima diligenza utile verso l’ospedale. «E devo anche considerarmi fortunata, a luglio e agosto al posto dei treni ci sono gli autobus sostitutivi e lì è il delirio completo». Deve ancora compiere 23 anni, ma ha conosciuto L’Aquila da matricola anche prima del terremoto. «Era tutta un’altra città», ricorda sorridendo. «Con una miriade di alternative per noi studenti. Avevi locali e servizi sia in centro, sia in periferia. La scossa ha cambiato tutto».
Per andare alla facoltà di ingegneria di Roio non ci sono “diligenze” disponibili su viale della Croce Rossa. Di M11 non ne passano molti, quindi l’alternativa è passare per il terminal di Collemaggio, all’andata e al ritorno: come al gioco dell’oca. Con le lezioni ferme, la facoltà di Ingegneria in questi giorni appare un luogo per pochi “aficionados”. «Fino al 28 qui non si batte chiodo», sottolinea la barista subito distratta da due studenti che chiedono un caffè. Francesco Fioritto e Marianna Alfonsetti, 26enni entrambi, sono a metà del “tre+due” di Ingegneria ambientale. Il primo è di Castel di Sangro e ha preso la macchina nei paraggi per non vedersi le giornate scandite dai trasporti pubblici. Marianna è di Tempera e si sposta in macchina. La struttura che ospita la mensa è tappezzata di annunci e di offerte di case nei paraggi. Qualcuno, per rendere il proprio annuncio più appetibile calca l’inchiostro sulla dicitura “appartamento antisismico”. A oggi, la facoltà conta metà degli iscritti del 2009, quando c’erano oltre 5.500 studenti. Tuttavia, una volta a pieno ritmo, gli studenti rimasti stanno piuttosto stretti nelle aule disponibili, il cui numero non sempre è sufficiente a declinare tutte le esigenze didattiche. Disservizi e trappole anche qui. «Va molto meglio adesso comunque», valutano i due, «rispetto a quando si studiava all’ex Optimes, quello era veramente un luogo non adatto a noi». E poi, per raggiungere alcuni laboratori bisognava comunque andare a Roio e i collegamenti erano ancora più carenti.
Se non altro grazie ai test d’ingresso, i dipartimenti di Coppito sono quasi tornati a pieno regime, anche se molte lezioni sono ancora ferme. Le aule sono distribuite tra gli edifici storici e la nuova struttura che al terzo piano accoglie il dipartimento di informatica. Malgrado la vicinanza con l’ospedale, raggiungere Coppito non è sempre un gioco da ragazzi. «Per me che sono a Pianola», spiega il professor Gianluca Ferrini, uno dei geologi di riferimento dell’ateneo aquilano, «sarebbe quasi più facile arrivare a piedi che con i mezzi pubblici. Questi ragazzi sono spesso abbandonati a loro stessi da una città che pensa solo a vendere qualche birra e panino la sera», prosegue. «Certo, anche l’ateneo potrebbe fare tanto, magari regalando qualche spazio verde a quest’ala come quelli che si vedono nei campus. E poi, perché non realizzare qualche piccola infrastruttura come un ponticello in legno che colleghi Coppito 1 a Coppito 2?».
di Fabio Iuliano – fonte il Centro
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Viaggio fra le facoltà aquilane