Nei peggiori bar dell’Aquila / 26
20 Novembre 2019 Condividi

Nei peggiori bar dell’Aquila / 26

La playlist del Punto Basilio, il bar di fronte al Dipartimento di Scienze umane, riporta i sensi indietro di dieci o quindici anni, quando ponteggi, puntellamenti e aggregati erano termini inutilizzati nel tuo vocabolario e il cielo era azzurro sopra Berlino.

Gli altoparlanti del locale propongono Billy More e i suoi Up & Down e tu ricordi – o immagini di ricordare – Samantha De Grenet che sbuca dal tubo catodico per lanciare uno dei suoi programmi musicali dei primi Duemila. Per un attimo, solo per un attimo, l’edificio che hai davanti, sede del polo umanistico, si dissolve nell’immagine di palazzo Camponeschi, con due o tre striscioni issati dalla vecchia Aula F.

Per carità, il nuovo palazzo di via Nizza, costruito per l’università sulle ceneri dell’ex ospedale San Salvatore, non ha nulla che non vada. Un centro moderno e funzionale costruito con uno stile elegante che solamente una distratta Sabina Guzzanti poteva definire “un capannone”, per il gusto di fare polemica a tutti i costi tirando in ballo l’influenza della criminalità organizzata sulla ricostruzione post-sisma. Di fatto, se mafia e camorra i “capannoni” li fanno tutti così belli, tanto vale far ricostruire tutto a loro.

Ma vuoi mettere il fascino delle giornate studio nel vecchio palazzo accanto al Collegio dei Gesuiti, oppure le schitarrate al Cassius, al Picchio o al parco del Castello – quando la sera faceva meno freddo – le lezioni del professor Antonio Ronci, tra musica e non-poesia. Le serate che partivano al Petra, proseguivano al Magoo per finire in piccoli bar anonimi, in cui i gestori intrattenevano i clienti con battute che capivano solo loro, oppure con una spaghettata in questo o quell’appartamento della città vecchia. Sì perché per conoscere gente non ti serviva certo Spotted Univaq.

Uno spirito autentico da Alma Mater che ha fatto i conti con quella notte di inizio aprile, quella notte dove tutto è cambiato. Quello spirito che rivive in locali come il Morrison, a due passi da piazza Regina Margherita, uno dei primi avamposti del centro storico a tornare a nuova vita.

Entri di venerdì e ti accoglie un gruppo di studenti Erasmus con in mano dei chupitos dai nomi improbabili.

“Beer pong, wanna play?”, fa uno di loro indicando un tavolo da gioco: niente carte o dadi, qui si gioca in due squadre: due palline, due gruppi di bicchieri di birra disposti a triangolo da una parte all’altra del tavolo. Si tira per far centro e chi sbaglia beve. Quello che guida il tavolo non dimostra più di 25 anni, eppure parla come se avesse inventato lui il gioco, aggiungendo regole su regole.

Per fare centro, devi pensare di essere il bersaglio, insomma devi visualizzare la pallina da ping pong nel bicchiere, come per andare incontro alla legge dell’attrazione. Qualcuno ci riesce.

In teoria, se studi medicina non dovresti avere il tempo di lavorare full time in un locale così gettonato come il Morrison. Al contrario, Raffaele ha anche modo di giocare a pallavolo con i Leoni di Avezzano e, per non correre il rischio di annoiarsi, lavora saltuariamente anche in passerella, come modello, anche a Milano. Insomma, se avesse i capelli biondi sarebbe un Super Saiyan. 

Tra le sue scelte, lo stile del locale: “Siamo partiti con un concept anni ’50, tanto è vero che nel nostro logo c’è anche l’immagine di una pin up”, spiega. “Poi però, una volta realizzato il bancone in legno, abbiamo valutato di virare verso il vintage, magari in omaggio alle serate spagnole – sin da piccolo mi hanno sempre chiamato Pedros – ma anche pensando a Peaky Blinders”.

Parliamo di una serie televisiva britannica, creata da Steven Knight e ambientata a Birmingham dopo la prima guerra mondiale. “Uno dei pub di riferimento della serie”, prosegue il giovane barman, “è il Garrison, nell’allestire il nostro locale abbiamo voluto in qualche modo rendere omaggio a quell’atmosfera”. Un omaggio che si  può leggere anche nel nome, non esclusivo riferimento al leader dei Doors.

“Anche a me piace la musica rock”, conferma Raffale, “e verso fine serata, carico sempre la playlist con classici del rock, ma anche con le rivelazioni degli ultimi anni, tra Green Day, Blink 182 e Linkin Park”.

L’alternative rock non arriva subito, prima c’è la musica lounge da aperitivo. “Con prezzi ragionevoli”, ci tiene a ribadire, “cerco di dare un buon rapporto qualità prezzo, senza andare a incidere sulle tasche”.

Si chiude alle 2 e quell’orario è il non plus ultra. “Sarebbe bello se il regolamento cittadino consentisse il giovedì un’oretta di più, anche perché, chiusi i locali in centro, non c’è veramente più nulla. Qui all’Aquila si balla solo il venerdì e il sabato”, è l’auspicio del giovane.

Però, per il momento le regole sono queste e non si può far altro che rispettarle. Magari, così l’indomani hai più tempo per studiare.

di Fabio Iuliano – fonte: Virtù  Quotidiane