Che rumore fa la felicità?
31 Luglio 2025 Condividi

Che rumore fa la felicità?

Che rumore fa la felicità? Chiedetelo a 1.500 fortunati che stasera si ritroveranno, biglietto alla mano, agli ingressi della Scalinata di San Bernardino per assistere a uno dei concerti – solo quattro al momento: oltre all’Aquila, Mesagne (Br), Agerola (Na) e Bard (Ao) – in versione minimal. Ecco “Talk & Live ’25” del Negrita Acoustic Trio, formato dai componenti Paolo “Pau” Bruni, Enrico “Drigo” Salvi e Cesare “Mac” Petricich, con la partecipazione del giornalista Gianmaurizio Foderaro e il supporto ritmico del batterista Cristiano Della Pellegrina. Un appuntamento promosso dalla Società Aquilana dei Concerti Bonaventura Barattelli nell’ambito dei Cantieri dell’Immaginario del Comune dell’Aquila. Dunque, è tempo di nuova musica per i Negritache a sette anni dal loro ultimo lavoro sono tornati a proporre i loro suoni e le loro parole con l’ultimo album – l’undicesimo – Canzoni per anni spietati. Nove brani che rappresentano un atto di libertà creativa e di pensiero con uno sguardo critico e profondo su una contemporaneità sempre più omologata. I Negrita hanno ancora parecchie cose importanti da dire, e le racconteranno in una serata acustica in trio, confrontandosi con Foderaro, voce storica della radio italiana e responsabile di Isoradio. Parole e musica per raccontare trent’anni di rock senza aver paura di dire le cose come stanno, con energia e pensiero, l’irruenza della gioventù ma anche lo sguardo d’insieme della maturità. Un racconto che attraversa una carriera ancora lucida nel riflettere sulla nostra società e sul nostro mondo: un occhio a Dylan e un altro al rock and roll, ma anche l’occasione per riascoltare il sound energico e profondo della band. Uno spettacolo a misura d’uomo: lo spiega Drigo Salvi parlando alla vigilia.

LETTERA AI PADRONI DELLA TERRA

Drigo, che tipo di esperienza sarà questa di “Talk & Live”?
«È una formazione che mi piace moltissimo, perché lascia molto spazio a sfumature che con la band al completo magari si fa fatica a tirare fuori. Questa dilatazione della musica crea profondità, aggiunge qualcosa, davvero mi piace moltissimo».

Che tipo di set state portando in giro?
«Due chitarre acustiche, una chitarra elettrica, che è la mia, e una batteria minimale. È una formula più essenziale, che ci permette di mettere in risalto arrangiamenti e testi».

Non solo musica, ma anche narrazione…«Esatto. Non sarà solo musica. Ci saranno anche interventi da parte di Gianmaurizio Foderaro che ci aiuterà a raccontare aneddoti, episodi rilevanti. Una dimensione così ci permette di arricchire lo spettacolo con parole e memoria».

In scaletta anche i brani dell’ultimo album?
«Sì, assolutamente. Il nostro lavoro si propone come diretto e profondamente legato all’attualità. Abbiamo anche pubblicato dei brani in versione acustica come Noi Siamo Gli Altri, Non Esistono Innocenti Amico Mio e Song To Dylan».

Sabato scorso, invece, a Cesena, sul palco del decennale di Rockin’1000 avete suonato Nel blu, un brano che, a proposito di Bob Dylan, strizza l’occhio a Masters of War e si propone come inno contro tutte le guerre.
«Dylan è uno dei punti di riferimento nella scrittura delle canzoni di questo album, che è denso e permeato di contenuti legati a quest’epoca difficile che stiamo vivendo».

Com’è stato dividere il palco, idealmente, con mille musicisti con cui avete suonato anche Mama Maé?
«Un’esperienza grandiosa, peraltro io sono legato a Cesena e avevo partecipato al loro concerto di due anni fa, organizzato dopo l’alluvione».

C’è un legame forte anche con L’Aquila.
«Mi ricordo bene il concerto del 2013, eravamo nella sede della Guardia di Finanza, proprio lì dove ci fu il G8. Fu un momento carico di emozione, in un periodo in cui ancora si avvertiva forte l’abbraccio alla popolazione colpita dal sisma».

E poi il videoclip di La tua canzone, girato sul Gran Sasso, ambientazione simile a Così è la vita di Aldo, Giovanni e Giacomo, con cui avete collaborato.
«Davvero, quella giornata in cui abbiamo girato La tua canzone ha avuto qualcosa di sacro. Sono luoghi che ci sono rimasti dentro, senza dubbio. Alla fine delle riprese mi sono trovato a ringraziare la montagna per quello che ci aveva regalato».

Sono tanti gli eventi benefici a cui avete partecipato.
«Quando possibile, fa piacere intervenire e poter dare una mano. Però, non posso fare a meno di dire che quando c’è stato il lockdown, l’unica categoria che non è stata aiutata è quella dei musicisti, la stessa che viene sempre chiamata quando c’è bisogno di fare beneficenza».

Non me ne voglia, ma non sembra ci sia stata una grande reazione del mondo artistico, che sembra aver accettato passivamente le restrizioni senza dire nulla.
«È vero, l’ho notato anch’io. Forse tanti artisti si sono sentiti di restarne fuori, per evitare giudizi. Se c’era da prendere posizione era non tanto per noi, ma per tante persone che lavorano dietro le quinte. In molti si sono dovuti reinventare un lavoro».