A Cesena luci accese anche per Gaza con Rockin’1000
26 Luglio 2025 Condividi

A Cesena luci accese anche per Gaza con Rockin’1000

Un’onda di energia che parte dalla ritmica e travolge lo stadio. Dieci anni dopo il video virale dei Foo Fighters, Rockin’1000 torna dove tutto è cominciato: l’Orogel Stadium – Dino Manuzzi. La prima delle due serate per celebrare l’anniversario è un concentrato di sudore e appartenenza.

Un mix che sfida maltempo e ritardi, tra problemi tecnici e un impianto elettrico messo alla prova dalle condizioni estreme. Alle 21 piove ancora forte, ma lo speaker rassicura: “Il concerto si fa”. Boato dalle tribune e ola sulle note di “The Final Countdown”, mentre si lavora a liberare gli strumenti dai teli. Si parte ufficialmente poco prima delle 23, dopo controlli di sicurezza sulle mille postazioni. E lo stadio, intanto, si è riempito: quasi 18mila persone, arrivate da tutta Italia, si stringono attorno a una band di musicisti provenienti da 38 Paesi, dal ragazzino di sette anni al veterano di 78.

Sul palco, canzoni che raccontano la storia del rock e quella della più grande band del mondo, alternate a parole di solidarietà per le popolazioni colpite dalle guerre. Mille musicisti in campo – voci, chitarre, bassi, batterie, fiati e tastiere – diretti da Daniel Plentz Maurino Dellacqua – per una scaletta che ripercorre dieci anni di arrangiamenti.

Proprio ai Foo Fighters sono dedicati l’inizio e la fine del concerto. Si parte con “All My Life”. Sul main stage compare il fondatore Fabio Zaffagnini e imbraccia una Epiphone diavoletto per il riff iniziale (la chiusura, e non c’è il rischio di fare spoiler, non potrà essere che “Learn to Fly”, la canzone a cui è legata tutta la magia del movimento). Segue la scarica frontale di “Enter Sandman”, con le luci che virano sul rosso. Si cambia registro ma non intensità con “Lithium” dei Nirvana, che trascende il dolore attraverso i decibel.

Arriva “Space Oddity” e gli spalti dell’Orogel si illuminano con le torce degli smartphone “...And the stars look very different today”: le armonizzazioni delle voci disegnano orbite tra le tribune, le voci salgono. Poi si entra in trance collettiva con il groove ipnotico di “Knights of Cydonia”.

A quel punto, la conduttrice Lodovica Comello annuncia il primo dei tre ospiti della serata: è Diodato che entra cantando a cappella “Fai rumore”. A chiudere il suo mini-set, un medley con “Non ci credo più” e “Che vita meravigliosa”.

Poi tocca ai Negrita che, prima di suonare “Mama Maé”, eseguono il nuovo brano “Nel blu”. Il pezzo, per loro stessa ammissione, prende ispirazione dal celebre Masters of War di Bob Dylan, una canzone che negli anni ’60 denunciava con feroce lucidità l’industria bellica e le sue conseguenze. Nel 2025, il conflitto è sia sulle armi che sulle coscienze: in un’epoca di disinformazione e manipolazione globale, il brano si fa portavoce di un’umanità smarrita, di antieroi che, con l’ultima scintilla di consapevolezza, scrivono una lettera ai padroni della terra. “L’ho scritto tante volte sui social ma lo dico al microfono per la prima volta: ‘Palestina libera e sionisti responsabili di tutto questo massacro a processo davanti al tribunale internazionale”, dice Pau, accompagnato sul palco da Drigo Salvi (chitarra solista e cori), Cesare Mac Petricich (chitarra ritmica e cori), entrambi con esperienze alle spalle con Rockin’1000. Parole che non mancheranno di far discutere.

Ma il picco emotivo arriva con Piero Pelù, che entra e travolge tutto con “Toro Loco” ed “El Diablo”, due scariche di rock latino con tanto di improbabile rituale di purificazione in cui il cantante fiorentino chiede ai mille musicisti di mettersi in ginocchio. In una storia sui social postata mentre era in viaggio per Cesena, ha annunciato un’iniziativa di solidarietà verso Gaza, in collaborazione con Medici senza frontiere.

Nel finale, “It’s a Long Way to the Top (If You Wanna Rock’n’Roll)” porta le cornamuse nell’arena e chiude il cerchio con un pezzo simbolo del progetto. In coda, “Born to Be Wild”, “Jumpin’ Jack Flash” e “Bohemian Rhapsody” con un ormai rodato arrangiamento vocale messo a punto due anni fa dalla vocal coach Augusta Trebeschi.

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Prima però il saluto di Zaffagnini: “Il 26 luglio di 10 anni fa”, dice al microfono, “registravamo il video di quella canzone. Allora avevo il cuore che mi esplodeva di gioia e di gratitudine: avevamo piantato un seme di fratellanza e inclusione. Di una cosa che non sapevo ancora definire. In effetti non è che ci stessi pensando, lo abbiamo fatto e basta. Ora che sono qui e guardo questi mille musicisti, sento una sensazione fisica, giusta. E mi domando perché non può essere così in tutto il mondo, a Gaza, in Ucraina, in Sudan, in Myanmar. A pensarci mi si spezza il cuore. Lo so, la pace nel mondo… che cosa stupida, manco fossi la reginetta di un concorso di bellezza… Però anche la pace parte da un seme e le piante funzionano tutte nella stessa maniera. Se le innaffi, crescono, altrimenti muoiono. Dunque scegliamo con cura quali piante annaffiare. Via il rock’n’roll, via Rockin’1000”.

Stasera si replica con Negramaro, Francesca Michielin, Fask e Peppe Vessicchio a dirigere l’orchestra del caos. Ma la miccia, qui, è già esplosa.

Articolo apparso anche su The Walk of Fame e Girodivite.it

(Foto dai canali social ufficiali di Rockin’1000)